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Torrigiani Domizio

Lamporecchio (Pistoia) 1876 lug. 19 - Lamporecchio (Pistoia) 1932 ago. 31

avvocato
gran maestro del Grande Oriente d'Italia

Intestazioni:
Torrigiani, Domizio, avvocato, (Lamporecchio 1876 - Lamporecchio 1932), SIUSA

Domizio torrigiani nacque il 19 luglio 1876 a Lamporecchio, ma ai primi del secolo si trasferì con la famiglia a Firenze. Si laureò in giurisprudenza all’Università di Pisa e si avviò alla professione di avvocato. Entrò giovane nella massoneria, aderendo all’indirizzo di Palazzo Giustiniani (che nel 1908 si era separato da quello di Piazza del Gesù), caratterizzato da un radicale sostegno alla laicità dello Stato e quindi da rapporti profondamente conflittuali con la Chiesa. Aderì al Partito radicale, della cui direzione risultava membro nel 1919. Convinto interventista, partì volontario per la prima guerra mondiale, restando mobilitato per tutta la durata del conflitto. Il 23 giugno 1919 Torrigiani fu eletto gran maestro del Grande oriente d’Italia, con l’incarico di guidare e rinnovare la massoneria di Palazzo Giustiniani nel nuovo e complesso contesto politico e sociale del primo dopoguerra. Uno dei primi atti da lui compiuto fu l’appoggio a Gabriele D’Annunzio, impegnato nell’occupazione di Fiume. Lo spirito patriottico, la tendenza repubblicana, l’argine contro il socialismo, l’anticlericalismo e l’ostilità al Partito popolare avvicinarono la massoneria al primo fascismo, che per Torrigiani era una rivolta necessaria a porre fine alla confusione dilagante nel dopoguerra italiano. Perciò, anche se con riserva, Palazzo Giustiniani intervenne in favore di Mussolini e approvò la marcia su Roma. Tuttavia il mutato atteggiamento di Mussolini nei confronti della Chiesa portò ben presto ai primi dissensi: i fascisti accusarono Palazzo Giustiniani di tradire la nazione e negare il rinnovamento; Torrigiani respinse le accuse di antifascismo ma non cedette sulla pregiudiziale anticlericale. I rapporti si deteriorarono con rapidità: il fascismo non poteva tollerare un’associazione come la massoneria che si dichiarava al di sopra dei partiti, e in un paese cattolico come l’Italia vide nella lotta alla massoneria un modo per acquistare credibilità e appoggio tra le masse dei fedeli. Il 15 febbraio 1923 il Gran consiglio del fascismo dichiarò incompatibile l’appartenenza alla massoneria con l’adesione al Partito nazionale fascista. Torrigiani offrì garanzie di assoluta lealtà e concesse agli affiliati fascisti la piena libertà di rompere i rapporti con la massoneria; tuttavia si fece carico di difendere il suo ordine e prese contatto con le logge straniere per ottenerne l’appoggio. Dall’estate 1923 fu un crescendo di intimidazioni e attacchi squadristi alle logge, mentre Torrigiani accusò apertamente il secondo fascismo, allontanatosi dal primo per l’illegalismo e il ravvicinamento al clericalismo. Dopo il delitto Matteotti, mentre si aggravavano le distruzioni delle logge e le persecuzioni degli affiliati, il gran maestro dette il proprio sostegno alle opposizioni che attuavano la secessione dell’Aventino, e si incontrò con personalità dell’antifascismo in Italia e all’estero. La rottura era ormai palese e definitiva. Il 4 novembre fu scoperto il complotto per un attentato al duce da parte del massone Tito Zaniboni in collusione con il generale Capello; il 20 novembre fu approvata una legge conto le società segrete. Due giorni dopo Torrigiani dichiarò lo scioglimento di tutte le logge esistenti e annunciò la costituzione di nuove logge in base alle disposizioni della nuova legge. Nel 1926 lasciò l’Italia per la Costa Azzurra, ufficialmente per motivi di salute; in questo periodo morì la moglie, Ada Sbisà, sposata nel 1922. Nell’aprile 1926 Torrigiani si recò spontaneamente a Roma per testimoniare al processo contro Zaniboni e Capello; il 23 aprile venne arrestato e assegnato al confino di polizia per cinque anni, con l’accusa di essere “responsabile di agitazioni contro il regime e lo Stato e collusione con l’emigrazione politica”. Fu destinato a Lipari, dove rimase per circa un anno e mezzo sottoposto a sorveglianza speciale. Il peggioramento delle sue condizioni di salute (divenne quasi cieco) portarono nel 1928 all’autorizzazione al trasferimento a Ponza, preceduto da un ricovero in una clinica di Montefiascone. A Ponza fondò nel 1931 la loggia clandestina “Carlo Pisacane”, mentre nel novembre dello stesso anno la guida della massoneria passò ad Alessandro Tedeschi. Il 21 aprile 1932 Torrigiani venne rilasciato dal confino e ottenne la libertà vigilata. Ritiratosi nella sua villa di San Baronto, nel comune di Lamporecchio, morì il 31 agosto.

Complessi archivistici prodotti:
Torrigiani Domizio (fondo)


Bibliografia:
La massoneria italiana da Giolitti a Mussolini: il gran maestro Domizio Torrigiani, a cura di F. CONTI, Roma, Viella, 2014
M. FRANCINI, G.P. BALLI, Il Gran maestro Domizio Torrigiani (1876-1932), Pistoia, Editrice C.R.T., 2003

Redazione e revisione:
Bonsanti Marta, 2011/06/09, prima redazione
Lanzini Marco, coordinatore nazionale revisione schede Rete Parri, 2023/11/16, supervisione della scheda
Mascagni Francesco, 2023711/16, rielaborazione


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