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Osti Massimo

Baricella (Bologna) 1944 giu. 17 - Bologna 2005 giu. 6

disegnatore di moda
imprenditore

Intestazioni:
Osti, Massimo, disegnatore di moda, (Baricella 1944 - Bologna 2005), SIUSA

Massimo Osti (Baricella, BO, 17 giugno 1944) iniziò la sua carriera a Bologna come grafico pubblicitario, ma già alla fine degli anni '60 si avvicinò al mondo della moda. Dopo il successo della sua prima linea di T-shirt con stampe (Chomp Chomp), per le quali si servì di tecniche allora usati solo per la stampa su carta (quadricromia, serigrafia), accettò di disegnare una collezione di abbigliamento maschile e di diventare socio dell'azienda produttrice a cui, su suo suggerimento, fu dato il nome di Chester Perry, come la ditta immaginaria in cui lavora Bristow, il celebre personaggio di un fumetto pubblicato su Linus disegnato da Frank Dickens, in breve tempo raggiunse un grande successo rivoluzionando lo sportswear maschile con l'introduzione di un nuovo concetto di eleganza abbinata a funzionalità. Testimonianza del successo la reazione a metà degli anni '70 dei marchi inglesi di abbigliamento Chester Barry e di maglieria Fred Perry che fecero causa congiunta al designer bolognese per il furto, rispettivamente, del nome e del cognome. Osti, costretto a cambiare denominazione, nel 1978 creò il celebre marchio C.P. Company.
Innovazione e sperimentazione furono il motivo conduttore di tutta l'attività di Massimo Osti, la ricerca nelle sue linee di abbigliamento attraversa l'intero processo creativo del capo. Dalla sperimentazione sui materiali con l'invenzione di nuovi tessuti, che portavano spesso alla creazione di nuove linee quale ad esempio "Stone Island" creata con una innovativa tela dilavata bicolore e reversibile ispirata alla tela di copertura dei camion; alla sperimentazione sulle tinture e finissaggio con l'invenzione di nuovi procedimenti quale ad esempio quello che consentiva ai capi di mantenere le loro caratteristiche naturali, evitando restringimenti al lavaggio, oppure il cosiddetto "tinto in capo" che rivoluzionò il settore, procedimento che permetteva di ottenere effetti di tono su tono molto efficaci, grazie alla diversa reazione ad un unico bagno di tintura da parte dei vari materiali che compongono il capo finito. Sperimentazione infine nella modellistica attività peraltro stimolata dall'archivio di capi usati, in gran parte militari, che Osti collezionò fin dai primi anni di attività.
A metà anni '80 Osti cedette le sue quote societarie, i marchi d'abbigliamento da lui creati erano cinque - C.P. Company, C.P. Company Baby, Boneville, Stone Island e C.P. Collection - alla Italiana Manifatture di San Benedetto del Tronto, che a sua volta l'anno successivo le cedette al Gruppo Finanziario tessile - GFT di Torino, mantenendo però la presidenza dell'azienda per potersi così dedicare interamente ed esclusivamente al prodotto e alle strategie comunicative. Nel 1985 diventò editore, inaugurando una tendenza che verrà poi seguita da molti come veicolo pubblicitario, del CP Magazine, un giornale-catalogo in formato extra large, venduto nelle edicole e nei negozi, che racchiudeva le immagini fotografiche di tutti i capi delle varie collezioni CP Company, che arrivò a superare le 50.000 copie di tiratura.
Le sue creazioni innovative in questi anni ebbero un notevole impulso, in sinergia con importanti aziende tessili italiane, si ricordano il "Rubber Flax", il "Rubber Wool" e il "Raso Ray" dove i tessuti assunsero un nuovo aspetto attraverso la spalmatura di una gomma impermeabilizzante che dava loro maggiore resistenza e impermeabilità; i primi esperimenti sulla smerigliatura di lane pettinate oggi tecnica in uso a tutte le aziende laniere; l"Ice Jacket" un nuovo tessuto in grado di cambiare colore al variare della temperatura; il "Reflective Jacket" con un innovativo materiale nato dalla ricerca tecnologica giapponese, che associava ad un tessuto impermeabile un sottilissimo strato di microsfere di vetro in grado di riflettere sorgenti luminose anche molto deboli. Del 1993 è l'utilizzo, con il nuovo marchio "Left Hand", del "tessuto non tessuto" realizzato con fibre di poliestere e poliammide pressate.
Nel 1994, concluso definitivamente il rapporto creativo con le linee che lo avevano portato al successo internazionale, fondò la Massimo Osti Production spa, mettendo a frutto la sintesi delle esperienze e dei successi di anni di innovazioni tecniche e formali per intraprendere nuove collaborazioni, lanciare nuove collezioni sempre al ritmo dell'invenzione di nuovi tessuti, nuove funzionalità e nuovi progetti. Di questi anni sono i marchi Far East e OM Project; nuovi tessuti quali il "Tecnowool" nato dall'accoppiamento della lana con una rete indemagliabile di jersey di nylon, che non altera la traspirabilità propria del materiale naturale, conferendogli resistenza e indeformabilità, "Mag Defender" che mescola poliestere e carbonio in grado di proteggere dai campi magnetici, "Micro", tessuto che al tatto sembra pelle di daino ottenuto con una tecnica di termopressione originariamente usata per la carta, "Thermojoint", materiale resistente all'acqua, al vapore e alle radiazioni nucleari e lo "Steel", tela di nylon con cotone ritorto e acciaio inox resistente a tagli e strappi; le collaborazioni con Superga per la quale disegnò una serie di capi immagine, con Dockers Europe per la progettazione di una nuova linea di pantaloni ad alto contenuto tecnico chiamata Equipment for Legs, con Levi's per la linea ICD una vasta gamma di giubbotti dalle performance altamente tecniche, a cui si aggiunse poi la linea ICD Plus, tra gli ultimi lavori dello stilista, frutto di un ulteriore accordo con la Philips, che inserì all'interno dei capi spalla un telefono cellulare e un lettore internamente collegati, dotati di auricolare e microfono.
Osti, che non esaurì il suo estro sperimentale e innovativo nel campo della moda mettendosi alla prova anche in altri settori - il finanziamento di un progetto per l'invenzione di un'automobile elettrica, il restiling della Vespa per Piaggio, il prototipo per una tuta da lavoro per Volvo, il supporto alla creazione di una "telestreet" una televisione di quartiere - né si sottrasse all'impegno etico e politico - la produzione di un documentario per sensibilizzare il mondo sui problemi della deforestazione dell'Amazzonia, l'elezione come consigliere comunale indipendente nelle liste della sinistra nel 1989 e nel 1992 -, è considerato il padre dello sportswear e della technofashion, nel 1999 è stato incoronato dalla rivista statunitense «Arena Homme Plus» come il disegnatore più influente sulla moda maschile degli anni '90.
Morì prematuramente dopo lunga malattia a Bologna il 6 giugno 2005.


Complessi archivistici prodotti:
Capi d'abbigliamento (collezione / raccolta)
Massimo Osti (fondo)
Riviste (collezione / raccolta)


Redazione e revisione:
Menghi Sartorio Barbara**, 2014/06/07, prima redazione


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