88049 Soveria Mannelli (Catanzaro)
Telefono: 0968662027
Tipologia: ente economico/impresa
Nel 1895 Filippo Marincola S. Floro, nella relazione alla Camera di Commercio di Catanzaro, per quel che riguarda le forze economiche della stessa provincia, riporta: "quasi tutta la produzione lanaria della Provincia viene pettinata, cardata, filata e tessuta da donne a domicilio per la massima parte nei paesi di montagna."
Ma egli aggiunge: "nompertanto in Carlopoli è stata impiantata da Antonio De Leo e comp° un piccolo filatoio con 60 fusi attivato da forza animale, e vi lavorano 6 operai per circa 180 giorni.
Il piccolo filatoio di cui parla si parla è attivo in Carlopoli già da un ventennio circa, fondato dai fratelli Antonio Leo fu Bernardo e Giuseppe Leo fu Bernardo, e con buona sostanza, è possibile fissare la sua fondazione al 1873. Tale data è desumibile sia dall'analisi dell'età dei fondatori e sia per quanto descritto nella copia di compravendita avvenuta il 14 marzo del 1908 in cui si precisa che già intorno al 1898, gli "utensili del lanificio...per il tempo decorso, stante l'uso sono quasicché consunti".
Del resto, non meraviglia che il Lanificio Leo nasca a Carlopoli, infatti il piccolo centro della presila catanzarese, viene ricordato sin dal 1845 per l'abbondanza di lana, per la produzione dell'arbaso, per la qualità fine dei tessuti ivi prodotti e dunque per un know how diffuso nel settore tessile.
E proprio a Carlopoli, la prima attività dell'allora "Lanificio Fratelli Leo", sito in un locale al piano terra dell'abitazione della famiglia Leo, consiste nel processo di cardatura (effettuata per mezzo di tre carde con divisore azionate da forza animale), nella filatura (effettuata per mezzo di una filanda manuale a 60 fusi) e nel lavoro di tessitura (effettuato al principio con telai manuali).
Probabilmente agli inizi del 1900 risale l'apertura di una filiale a Castagna, sul fiume Corace, a valle dell'Abbazia Cistercense di Santa Maria di Corazzo. Qui operano i fratelli Mariano ed Emilio che, in seguito alla morte del padre Antonio Leo fu Bernardo, avvenuta nel 1894, e in virtù di una divisione amichevole, avvenuta tra gli eredi del defunto nel 1915, sono gli unici eredi degli "ordigni del lanificio".
In quegli anni sono attivati: un "murgiunì" di 200 fusi, due carde, un divisore di capi 30, un diavolotto, una manganella, e una filanda manuale di 60 fusi.
L'integrazione dell'attività del lanificio sul territorio, dunque la sua valenza socio economica e le suggestioni provocate nell'immaginario collettivo (la filanda appare agli occhi della gente del posto, come "il diavolo che fila con 60 mani") dovette essere di certo rilevante se, ancora oggi, il luogo in cui sorgeva la filiale di Castagna e di cui rimangono solo i ruderi, è ricordato, anche nelle cartine topografiche dell'IGM, con il toponimo "a machina da lana".
Alla fine del primo conflitto mondiale, Emilio Leo (rimasto il solo ad occuparsi dell'opificio, in seguito alla partenza del fratello Mariano per la Cirenaica), trasferisce l'attività principale a Bianchi piccolo centro della provincia cosentina e paese d'origine della propria consorte, sposata da poco. L'opificio di Castagna, come filiale del "Lanificio Fratelli Leo" di Carlopoli, rimane attiva sino al 1920.
Il nuovo lanificio di Bianchi è impiantato in una struttura di proprietà del barone Serravalle, edificata a valle del fiume Corace, anche qui nelle adiacenze di un mulino preesistente. L'impianto, azionato da forza idraulica è costituito da macchinari atti a cardare, filare, tessere, follare e tingere la lana.
L'attività in Bianchi continua sino al 1935, anno in cui il lanificio ha come nuova e definitiva sede Soveria Mannelli, in provincia di Catanzaro.
Questioni logistiche e commerciali inducono, infatti, Emilio Leo a trasferire l'attività a Soveria Mannelli. Nello specifico, le motivazioni di questa scelta di cambiamento radicale e coraggiosa sono la possibilità d'alimentare in maniera continuativa, attraverso l'energia elettrica, l'impianto di produzione, senza quindi subordinare l'approvvigionamento energetico ad un certo grado di stagionalità, dovuto al regime idrico variabile del fiume Corace, e la centralità commerciale di Soveria Mannellli, che si pone come nodo viario lungo la statale 19 collegante Catanzaro e Cosenza, nonché tappa intermedia lungo la tratta ferroviaria delle "Ferrovie Calabro-Lucane" collegante le medesime località.
L'opificio è impiantato in un fabbricato di proprietà di Francesco Bonacci, fabbricato che i Leo acquisteranno nel 1941. Nel 1942, a seguito della prematura morte di Emilio Leo, i figli Antonio (venti anni) e Giuseppe (diciotto anni), nonostante la giovanissima età e il periodo difficile del secondo conflitto mondiale riescono a innescare un significativo sviluppo dell'impresa che si traduce in un ampliamento del parco macchine e in un incremento della manodopera. Il lavoro delle macchine è inoltre affiancato da un'attività del tutto artigianale che riguarda il settore della decorazione su tessuto: un peculiare processo di stampa a mano, dove gli strumenti utilizzati sono dei calchi in legno di pero incisi manualmente ed una pasta a base di ossidi metallici e farina, dai colori, ruggine, verde rame e nero.
Tra gli anni cinquanta e sessanta l'azienda vede un ulteriore ampliamento strutturale e di organico. Un ampliamento in sintonia con la crescita dell'azienda in termini di visibilità e di potere concorrenziale (che ha come effetto inevitabile, la chiusura delle altre realtà produttive laniere presenti nel circondario).
La seconda metà degli settanta del novecento inaugurano, con la morte di Antonio a soli 56 anni, e una serie di elementi congiunturali (crisi del tessile, sostituzione sul territorio della pecora gentile di puglia con la razza sarda, cambio generazionale e repentino cambiamento del sistema economico/sociale di riferimento) un lento ed inesorabile periodo di declino dell'attività che si conclude nel 1993, quando, in virtù di una divisione avvenuta tra i membri della famiglia Leo, Giuseppe Leo (classe 1922, terza generazione) rimane unico erede del Lanificio, alla cui tenacia imprenditoriale e all'amore verso l'attività di famiglia, si deve la conservazione della più antica fabbrica tessile laniera della Calabria. Grazie a questo presupposto dalla seconda metà degli anni novanta del novecento, il Lanificio Leo, con il lavoro innovativo di Emilio Salvatore Leo, figlio di Giuseppe, ritorna ad essere un'azienda di prestigio del territorio.
Conservando ancora attivo il monumentale parco macchine di fine ottocento con il quale si realizza parte della produzione, il Lanificio Leo rappresenta uno dei casi più significativi di azienda-museo in cui logiche di produzione design-oriented e valori legati al patrimonio industriale si integrano in un modello di management che coniuga il "fare impresa" con gli strumenti della cultura. L'azienda, nel 2001, è stata tra i 16 finalisti del Premio Guggenheim impresa&cultura e ha vinto il premio Cultura di Gestione. Nel 2008 con la nuova società LANIFICIOLEO SAS, l'azienda ha cominciato nuovamente a investire in tecnologia coniugando sapientemente tradizione e innovazione.
Complessi archivistici:
Lanificio Leo (fondo)
Redazione e revisione:
Destile Aurelio, 2013/02/18, prima redazione