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Materfer

Sede: Torino
Date di esistenza: 1917 - 2000

Intestazioni:
Materfer, Torino, 1917 - 2000, SIUSA

Nel 1835 Battista Diatto fonda a Torino, in Corso Moncalieri, uno stabilimento per la costruzione di carri, carrozze e materiale mobile per tranvie, avvalendosi come fonte di energia delle acque del vicino fiume Po. Pochi anni più tardi la ditta aggiunge a queste lavorazioni la fabbricazione di vagoni ferroviari. Molto probabilmente è proprio per le esigenze legate ad una produzione più estesa che nel 1906 l’azienda si trasferisce in una nuova e più ampia struttura (in Borgo San Paolo ai confini con la barriera di Orbassano) tra i rami della ferrovia per Milano e Susa, non distante dalla fabbrica per automobili Itala di Pietro Fenoglio. Dell’edificazione della nuova officina si incarica l’ingegner Ferraris: un impianto non troppo esteso e dalle linee molto semplici che consta di un capannone formato da tre grandi fabbricati. Il complesso subirà, nel 1912, un ampliamento lungo il lato che si affaccia sul Corso Rosselli (allora Via Parigi) con la costruzione di un locale in cemento armato adibito alla realizzazione di locomotive, ad opera dello stesso ingegner Ferraris. Nel 1917 nell’ambito della strategia intrapresa da Agnelli e volta ad assorbire le diverse industrie intermediarie che provvedono la Fiat di materia prima (allo scopo di ridurre gli oneri dovuti ai rapporti di dipendenza dell’azienda da imprese fornitrici esterne), la società torinese procede all’incorporazione degli stabilimenti del Gruppo Piemontese, del quale fa parte un insieme di industrie metallurgiche e meccaniche. Questa operazione permette così alla Fiat di assumere il controllo delle Ferriere Piemontesi (che negli stabilimenti di Avigliana e Buttigliera Alta producono bossoli per proiettili, parti d’armi e acciai speciali), della Società industrie metallurgiche (specializzata nelle lavorazioni di fucinatura, stampaggio e meccanica) e, appunto delle Officine Diatto che fabbricano, come accennato in precedenza, materiale ferroviario. Le Officine Diatto passano così sotto l’insegna della Fiat, sancendo la nascita della Fiat materiale ferroviario (Materfer) che, nel primo periodo di attività, indirizza la propria produzione verso le normali costruzioni di carri e carrozze ferroviarie. Nel 1926 l’azienda progetta e fabbrica alcune locomotive Diesel elettriche per l’Eritrea e pochi anni più tardi, nel 1930, rivolge, per prima in Italia, i suoi sforzi ad un nuovo campo di applicazione della tecnica ferroviaria: la fabbricazione di automotrici leggere azionate da motori a benzina, che saranno adottate sia dalle Ferrovie dello Stato che dalle aziende private per le linee secondarie. Nel 1932, mette sui binari la prima automotrice battezzata con il nome di Littorina, che, a partire dal 1934, in seguito alle applicazioni dei motori a ciclo diesel, è prodotta in serie. Nel 1932 la sezione ferroviaria, sebbene rappresenti per la Fiat un ramo collaterale, è comunque una realtà dalle dimensioni più che discrete. Inoltre si tratta di un’impresa conosciuta anche all’estero per aver realizzato alcune importanti e prestigiose commesse come le "vetture a letto eseguite per conto della Compagnie Internationale des Wagons-lits, le vetture di prima classe per la Compagnie des chemins de fer de Paris-Orleans ed infine per il treno reale italiano, il treno più bello del mondo". Nel 1942, a guerra iniziata, Torino è sottoposta nel mese di novembre al primo vero bombardamento a tappeto da parte delle forze anglo americane che colpendo gli apparati industriali della città, e in particolare quelli Fiat, mirano a paralizzare uno "dei centri vitali dell’industria bellica italiana". Così la notte tra il 20 e il 21 novembre, quella tra il 29 e il 30 e quella tra l’8 e il 9 dicembre, anche la Fiat Materiale Ferroviario è colpita dalle bombe che provocano ingenti danni "soprattutto al reparto segheria nel quale gli incendi provocano danni ai binari, agli impianti e alle commesse". Questo però non è che l’inizio: l’analisi dei fascicoli contenuti nei risarcimenti dei danni di guerra permette infatti di individuare altre incursioni che si abbattono sullo stabilimento nel periodo compreso tra l’agosto del 1943 e il luglio del 1944. La più pesante è sicuramente quella del 17 agosto del 1943, quando le bombe dirompenti e gli spezzoni incendiari caduti sulla struttura danneggiano seriamente vari comparti. Tra il mese di giugno e quello di luglio dell’anno successivo la fabbrica è nuovamente colpita: il 4 giugno e il 24 luglio rimangono sinistrati i fabbricati della Palazzina della direzione e degli uffici, alcune officine, i macchinari, gli arredamenti e le merci dello stabilimento (tra le quali molte commesse in preparazione). Durante il conflitto, in seguito alla conversione bellica della produzione, l’azienda vede aumentare notevolmente il numero dei dipendenti, che nel 1945 raggiungono la quota di 2.850 unità. Subito dopo la fine della guerra la Fiat materiale Ferroviario riprende regolarmente la propria produzione, fornendo un importante contributo alla ricostruzione del parco ferroviario italiano, con la creazione di grandi quantità di locomotori, carri merci e carrozze per passeggeri; restò fortemente in attività fino agli anni ottanta del 1900.
Le ferrovie uscirono dalla guerra piegate e in ginocchio. Il parco rotabili era letteralmente devastato, con pochissimi mezzi in grado di circolare e ancora meno in grado di correre: le linee erano danneggiate e l'elettrificazione carente, tanto che parte della trazione dovette essere riaffidata temporaneamente alle vecchie e durevoli vaporiere. Il parco carri aveva sofferto dei bombardamenti, l'80% delle carrozze era inutilizzabile e il 67% delle locomotive non poteva più muoversi: in cinque anni Fiat fornì 5850 carri merci e 455 carrozze, e lavorò alla riparazione di 130 automotrici per fornire un primo sollievo alle martoriate ferrovie. Si puntò ancora sul diesel, con lo sviluppo di automotrici ad alta capacità con monomotori piatti posti sulla cassa: il primo risultato di successo furono le ALn 990, ma furono anche moltissimi i lavori per l'estero: i treni Fiat arrivarono in Argentina, Spagna, India, Grecia, Cuba, Portogallo, Egitto. Per l'Italia si produssero le RALn 60 (1949) e ALn 64 (1955). Le commesse ferroviarie (ormai quasi solo automotrici) erano integrate da veicoli tranviari per le grandi città italiane, Roma, Firenze, Torino, e per Madrid.
Dal 1950 l'azienda ricominciò a lavorare sulle carrozze, fornendo le Carrozze letto Tipo P, carrozze di lusso di difficile costruzione, con carrelli di tipo Schlieren svizzero, poi sostituito con il francese Y24, col tipo Minden-Deutz e infine con il Fiat di 3a generazione: in sette commesse la Compagnie Internationale des Wagons-Lits e le FS ordinarono 174 veicoli. Nel 1951 l'azienda ottenne il prestigioso incarico di costruire il treno reale egiziano, un treno a due casse composto da una motrice da 960 CV su due motori SBB, e da una rimorchiata: in seguito il mezzo venne destinato a servizi turistici dopo il colpo di stato di Muhammad Neghib. Nel 1954 nacque la ALn668, uno dei mezzi di maggior successo della storia delle ferrovie italiane ed europee, nonché dell'azienda che la produsse. In seguito ad un ordine per tre prototipi (commessa Fiat 094) destinati a servire sulle tratte regionali, Fiat costruì le ALn668.1401 - 1403, primi esemplari della più grande serie di automotrici mai costruita, dopodiché partecipò insieme a Breda alla costruzione del numerosissimo gruppo. Dal progetto derivarono anche numerosi mezzi per l'estero.
Le competenze motoristiche di Fiat e il know-how di OM permisero di sviluppare 12 prototipi di locomotive diesel-elettriche in soli 8 anni, dal 1946 al 1954, dimostrando un'inattesa vitalità nel panorama industriale colpito dal conflitto. I prototipi servirono ad esplorare le diverse combinazioni di rodiggio, motore e trasmissione, che arrivarono a sperimentazioni inusuali come le disposizioni di ruote di tipo "Co-Co" o "Ao1Ao-Ao1Ao" (carrelli a tre assi con sei assi motori o con 4 assi motori, due alle estremità di ogni carrello). Si sperimentarono configurazioni di motori diesel veloci o di un solo motore lento, piatti o verticali, con alesaggi differenti e diverso numero di cilindri.
Alcune di queste soluzioni vennero messe in campo in Argentina, per una serie di 280 veicoli costruiti dal Consorzio GAIA, a cui partecipava anche OM. In Italia Fiat produsse 23 unità della serie D.341: anche questi in ben 4 configurazioni diverse, per sperimentare diversi propulsori forniti da vari costruttori, ma dall'elettromeccanica unificata. Il risultato fu positivo per Fiat, che ottenne una parte dell'ordine per altre 85 locomotive di serie da motorizzare con propulsore Fiat Grandi Motori 2312SF; le altre andarono a Breda, che montava motori Paxman 12YLXL costruiti su licenza.
Per le commesse estere Fiat si avvalse dal 1958 di una società speciale, la Fiat Concord costituita in Argentina a Cordoba, e operò su mezzi diversissimi tra loro per scartamento, funzione o classe di servizio. In soli due anni dalla posa della prima pietra la Concord riuscì a produrre il suo primo veicolo. Tra il 1962 e il 1975 furono costruite 1500 carrozze, e la qualità migliorò notevolmente col tempo e con l'esperienza accumulata realizzando le Gran Comfort TEE, le Eurofima e la
Locomotiva D343. Ormai assurta al ruolo di gigante del settore, Fiat Ferroviaria decise di sfidare gli americani sul loro stesso terreno, realizzando una locomotiva diesel-elettrica leggera ma molto potente per il mercato statunitense: nacque quindi nel 1961 la E10011, motorizzata da Mercedes-Benz 820Db, di cui Fiat aveva la licenza di costruzione. Per la parte elettrica si ricorse alla francese Alsthom, un grande nome del mondo delle locomotive.
Questo mezzo segnò l'inizio della lunga collaborazione con Alsthom, inizialmente per la produzione di locomotive per l'esportazione in Polonia, derivanti dalla D.461, ed in seguito (dal 1961 al 1967) per la realizzazione di progetti da destinare a Fiat Concord. Nacquero diversi modelli per le Ferrocarril General Belgrano argentine, tra cui una motrice da 1000 CV e una da 2000 caratterizzata da una aderenza straordinaria.
Il mondo ferroviario stava facendo grandi passi, e nel 1965 Fiat sentì il bisogno di adeguare le proprie tecnologie per raggiungere standard di comfort e prestazioni se non superiori a quelli dei nuovi mezzi superveloci giapponesi, almeno ad essi paragonabili. Il vetusto carrello Tipo 27 ormai già dal 1956/57 era classificato dalla UIC come il peggiore d'Europa, surclassato da modelli più nuovi e prestanti con sospensioni a molle elicoidali in loco delle balestre. Fiat sviluppò nuovi modelli, tra cui il Tipo 24 per le carrozze e il Tipo 1040-920 per le elettromotrici, ma la tecnologia era sempre quella sorpassata dei prodotti precedenti.
Il 24 novembre venne lanciato il Programma calcoli per nuovo carrello per automotrici, basato su due mezzi sperimentali Tipo 7170: obiettivo primario era capire a quali sollecitazioni sarebbe stato sottoposto il sistema carrello-rotaia, e ridurne l'intensità entro parametri accettabili anche ad alte velocità. I primi test di alta velocità in Francia avevano prodotto dati importanti, evidenziando come a 331 km/h un carrello tradizionale danneggiava la rotaia e come era difficile mantenere il contatto con la linea elettrica ad alta velocità.
Il progetto portò alla terza generazione di carrelli (dopo quelli delle littorine degli anni trenta e quelli delle automotrici degli anni cinquanta), inaugurata dal Tipo 7170, dotati di sospensione trasversale grazie alle molle ad elica (Flexicoil integrale). Questa soluzione era assai innovativa, e venne sviluppata per passi su carrelli sperimentali, aumentando le velocità e togliendo passo a passo i vincoli di collegamento tra il carrello e la cassa, fino ad affidare tutto il peso di questa alle sospensioni. Intanto vennero sviluppati modelli teorici ed empirici, simulando le condizioni operative con prove di fatica e cicli di sforzo.
Il progetto rappresentò un salto tecnologico inestimabile per Fiat. Il lancio delle commesse per la costruzione dei treni rapidi Trans Europ Express (TEE) a comfort migliorato fu una immediata possibilità di applicazione per tutto il lavoro svolto sui carrelli sperimentali. I carrelli TEE dovevano sottostare a requisiti molto rigidi, e il nuovo carrello Fiat si dimostrò carente dal punto di vista delle sollecitazioni trasversali, tanto che venne considerato un retrofit del progetto per accogliere i vecchi Tipo 920, o addirittura i Mintzen-Deutz (prodotti dalla concorrenza e poi costruito su licenza).
Appartengono alla terza generazione Fiat quasi tutti i carrelli che hanno equipaggiato i veicoli italiani dal 1970 in poi, e sono evoluzioni dirette del F71 del 1970. Nel 1972 il carrello fu scelto come base per lo sviluppo di un nuovo carrello destinato alle carrozze Eurofima, che sarebbero dovute diventare lo standard internazionale europeo. Il carrello venne aggiornato con innovazioni tecniche tratte dal Tipo Y32 Breda, e venne montato sulle carrozze consegnate a partire dal 1977. Dai carrelli prototipo derivarono delle versioni per automotrici elettriche, poi usati sulle ALe 644 e 724 (Tipo 7219).
Sempre nel 1970 Fiat capitalizzò le esperienze del Programma calcoli per intraprendere la sua più grande sfida tecnica, quella che avrebbe consacrato di fatto il nome del costruttore nella storia delle ferrovie: la costruzione del primo treno passeggeri a cassa pendolante attiva, il Pendolino.
Tra i carrelli sviluppati dal Programma calcoli vi era il Tipo 7199 Prototipo Pendolino, nato nel 1970 dopo una lunga gestazione cominciata nel 1966, che avrebbe poi equipaggiato in versione di serie la prima generazione di veicoli a cassa pendolante, costituita da quell'unico ETR401 entrato in servizio.
Nel 1979 Fiat tornò a lavorare sulle locomotive pesanti, questa volta elettriche, dopo una serie di lavori di sperimentazione ed adattamento (tra cui il principale è lo studio del comando a chopper sulla E444.005). Dal lavoro sulle E444 si ottenne l'esperienza necessaria per lo sviluppo dei prototipi del nuovo gruppo E633, una locomotiva merci a passo corto a controllo elettronico che poi avrebbe dato vita anche al gruppo a passo normale E632.
Il 19 ottobre 2000 GEC-Alstom comunica di aver acquisito il 51% di Fiat Ferroviaria, per 147 milioni di euro. Nell' aprile 2002 viene acquistato anche il rimanente 49% per 154 milioni, ereditando gli stabilimenti di Savigliano, Colleferro e Sesto San Giovanni. In questi stabilimenti ora si producono i Minuetto, l' ETR 600, i Coradia-LINT, gli X'Trapolis.


Condizione giuridica:
privato

Tipologia del soggetto produttore:
ente economico/impresa

Soggetti produttori:
Fiat, collegato

Complessi archivistici prodotti:
Materfer (fondo)


Bibliografia:
Santanera Oreste, I treni Fiat. Ottant'anni di contributo Fiat alla tecnica ferroviaria, Milano, Automobilia, [1997].

Redazione e revisione:
Anselmo Sara, 2010/07/12, prima redazione


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