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Abbazia di San Pietro in Perugia

Sede: Perugia
Date di esistenza: 966 - 1890

Intestazioni:
Abbazia di San Pietro in Perugia, Perugia, 966 - 1890, SIUSA

La nascita dell'Abbazia di San Pietro viene fatta risalire all'anno 966, dopo che, nel 965, Pietro Vincioli di Monte Lagello, presso Monte Vibiano di Marsciano (Perugia), aveva ottenuto dal vescovo di Perugia, Onesto, l'uso della vecchia Cattedrale di Monte Capraio, all'epoca alla periferia di Perugia, ormai abbandonata, per stabilirvi un monastero benedettino. Onesto decise poi di donare la Cattedrale e i suoi beni alla Santa Sede la quale, nella persona del papa Giovanni XIII, cedette tutto alla nuova comunità della quale Pietro Vincioli fu nominato abate. Fin dall'origine, il Monastero di San Pietro godette di una forma di autonomia rispetto alle gerarchie religiose locali, in quanto dipendente direttamente dalla Chiesa di Roma. Questa particolarità fu causa, attraverso il tempo, di frequenti lotte tra il Monastero e i vescovi di Perugia che tentavano di imporsi al Monastero nonostante la sua autonomia. Da subito la comunità benedettina di San Pietro acquisì una notevole importanza, al punto che, nel 1037, il papa Benedetto IX indisse un concilio per decidere sulla controversia tra il vescovo di Perugia Andrea e il Monastero di San Pietro, relativa alla giurisdizione sulla Chiesa di San Costanzo, situata nei pressi del Monastero e dipendente da San Pietro, reclamata dal vescovo Andrea. Anche in questo caso il vescovo ebbe la peggio e fu costretto a rinunciare ad ogni diritto sulla chiesa. La bolla di Gregorio VI del 1045 confermò la soggezione del Monastero di San Pietro soltanto alla Chiesa di Roma, confermò ai monaci anche la nomina dell'abate e vietò a chiunque la celebrazione della messa nelle chiese appartenenti al Monastero. Presto i beni dell'Abbazia si estesero ben oltre il territorio della diocesi di Perugia e molte divennero le chiese unite al Monastero, sulle quali gli abati dell'Abbazia di San Pietro impedirono sempre qualsiasi rivendicazione di diritti da parte dei vescovi del luogo. Nel 1331 fu nominato abate Ugolino Vibi. Durante il suo governo il Monastero fu coinvolto nelle lotte fra le fazioni cittadine. Essendo di nobile famiglia, l'abate Ugolino favorì l'ingresso in monastero di molti giovani di nobili casati, come Baglioni, Michelotti, Vibiani e Vincioli e cercò di mantenere buoni rapporti con il Comune di Perugia nonostante che uno dei suoi monaci, Uccio Baglioni,avesse commesso addirittura un omicidio, quello di Oddo degli Oddi.Nonostante le difficoltà del momento, tuttavia, l'abate Ugolino riuscì a risistemare le finanze del Monastero e ad imporre ai componenti della comunità benedettina una più rigorosa disciplina. Essendosi questa piuttosto rilassata negli ultimi tempi, infatti, si erano resi necessari degli interventi da parte della Chiesa romana. Tuttavia, le lotte cittadine erano appena iniziate. Dopo un periodo di circa sette anni, durante i quali il Monastero rimase privo di un vero e proprio governo, il papa Urbano VI nominò un rettore nella persona del cardinale Simone di Milano.Il cardinale resse il Monastero fino al 1381, quando fu nominato abate del Monastero di San Pietro Francesco Guidalotti, appartenente ad una delle più importanti famiglie di Perugia, che sosteneva il partito del popolo (i "Raspanti") contro quello dei nobili (i "Beccherini"). Nel 1389 uno dei Guidalotti, Paoluccio, su istigazione dell'esponente del partito dei nobili, Pandolfo Baglioni,fu mandato a morte come rivoltoso.Ne conseguì che molti appartenenti al partito del popolo furono mandati in esilio, tra i quali Simone Guidalotti, padre dell'abate Francesco. A quel punto l'abate Francesco, aiutato da Michelozzo Michelotti, cominciò ad operare per favorire il rientro degli esiliati in città e la loro ripresa del governo di Perugia. Come conseguenza,l'abate stesso fu bandito dalla città e si rifugiò nella Rocca di Casalina, appartenente al Monastero di San Pietro. Questo avvenimento portò alla devastazione del territorio circostante ad opera del partito dei nobili. L'intervento del papa Bonifacio IX riuscì poi a pacificare i due partiti in lotta. Con il rientro a Perugia degli appartenenti al partito del popolo ritornò anche Biordo Michelotti, il principale esponente di quel partito. Da quel momento le parti si invertirono; il partito del popolo riprese il governo della città e toccò agli esponenti del partito dei nobili andare in esilio. Intanto, l'abate del Monastero di San Pietro, un tempo alleato di Michelotti, cominciò a vederlo come rivale, al punto di predisporre il suo omicidio, che fu materialmente commesso da due persone d'accordo con lui. Il popolo si sollevò e l'abate Guidalotti fu costretto a rifugiarsi prima presso la casa paterna e poi presso il papa. Il pontefice lo protesse, ma Guidalotti non potè più essere abate del Monastero di San Pietro, che, a causa dell'abate, aveva subito saccheggio. Nel 1436 il papa Eugenio IV unì il Monastero di San Pietro alla Congregazione di Santa Giustina di Padova, il che comportò la perdita della vecchia autonomia per il Monastero di San Pietro, perché, da quel momento,la nomina dell'abate spettò al Capitolo generale della Congregazione, presieduto dall'abate presidente della Congregazione, eletto dagli abati dei monasteri congregati. Nel 1564, entrata nella Congregazione l'Abbazia di Montecassino, la Congregazione benedettina prese anche il nome di Cassinese, che tuttora conserva. Da quel momento, per il Monastero di San Pietro cominciò un periodo di splendore che portò all'ampliamento e all'abbellimento dei locali e alla bonifica dei terreni.
Nel 1799, dopo che l'Umbria era entrata a far parte della Repubblica romana, il Monastero fu,per la prima volta, soppresso con provvedimento del 29 aprile.La comunità benedettina fu, quindi, costretta ad abbandonare l'Abbazia entro breve tempo per lasciarla alle truppe francesi. La Repubblica romana, comunque, ebbe breve vita e alla fine dell'agosto 1799 i monaci poterono ritornare nel Monastero. Dopo circa dieci anni, il 17 giugno 1810, un nuovo ordine di sgomberare il Monastero fu ricevuto dalla comunità benedettina,a seguito del decreto di Napoleone che stabiliva la soppressione di tutte le case religiose. Nel 1809, infatti, l'Umbria era stata annessa all'Impero francese. Nel 1814,al termine dell'avventura napoleonica, ancora una volta i Benedettini tornarono a San Pietro. Dopo alcuni anni dedicati dai monaci al risanamento del bilancio,alla conservazione del patrimonio e all'insegnamento ai giovani, alcuni dei quali sceglievano di rimanere nella comunità, in Italia ebbero luogo nuovi sconvolgimenti che dovevano preparare all'unificazione della penisola in un unico regno. Così nel febbraio del 1849 il governo rivoluzionario della nuova Repubblica romana s'impossessò del Monastero, ma questa volta l'amministrazione dei beni fu lasciata ai monaci, pur con l'imposizione di una gravosa tassa. In quel periodo l'Abbazia fu spesso occupata dalle truppe delle parti in lotta. Terminata la breve esperienza della Repubblica romana del 1849, il Monastero riprese le sue normali attività compreso l'insegnamento. Si stava, però, avvicinando il momento dell'annessione dell'Umbria al Regno d'Italia. Il 14 giugno i Perugini proclamarono il governo provvisorio, del quale facevano parte Nicola Danzetta, Giuseppe Guardabassi e Zeffirino Faina, e cacciarono il delegato e le truppe pontificie. Contemporaneamente il papa inviava a Perugia le truppe svizzere per riprendere la città. Il 20 giugno le truppe pontificie arrivarono a Perugia e, entrate da porta San Pietro, presero d'assalto e devastarono il Monastero convinte che i rivoltosi fossero al suo interno. In effetti, alcuni dei patrioti si erano rifugiati nell'Abbazia. Tre di loro, Mariano Guardabassi, Mariano Sabbatini e Matteo Fagioli, si nascosero,dopo essere entrati in chiesa vestiti da monaci, nell'organo di sinistra della Chiesa di San Pietro. Vi rimasero per tre giorni nutriti di nascosto dai monaci che, il 24 giugno, riuscirono a farli scappare nonostante la presenza dei soldati svizzeri nel Monastero. Era abate Placido Acquacotta. A lui il 10 luglio 1859 Mariano Guardabassi scrisse una lettera di profondo ringraziamento per quanto lui e i suoi monaci avevano fatto. Si giunse, così, all'ultima e definitiva soppressione del Monastero, quella operata dalla Stato italiano unificato. Con decreto dell'11 dicembre 1860 n. 205 serie 168, il Regio Commissario generale straordinario per le province dell'Umbria stabilì la soppressione di tutte le case e congregazioni religiose delle province di sua competenza ad eccezione di quelle che si occupavano di istruzione e di assistenza ai bisognosi. I Benedettini non sfuggirono alla soppressione, ma, per i meriti guadagnati avendo prestato aiuto ai patrioti, ottennero di avere l'usufrutto dei loro beni fino a quando non si fossero ridotti ad un numero inferiore a tre. La condizione si realizzò nel 1890 con la morte dell'abate Manari e i beni furono incamerati dallo Stato. Per gestire tale patrimonio nel 1892 fu istituita una fondazione che assunse il nome di "Fondazione per l'istruzione agraria in Perugia", che aveva anche il compito di mantenere un Istituto per l'istruzione agraria.


Condizione giuridica:
enti di culto

Tipologia del soggetto produttore:
ente e associazione della chiesa cattolica

Soggetti produttori:
Fondazione per l'istruzione agraria di Perugia, collegato

Complessi archivistici prodotti:
Abbazia di San Pietro in Perugia (fondo)
Abbazia di San Pietro in Perugia. Amministrazione della Tenuta di Casalina (fondo)


Bibliografia:
G. FARNEDI O.S.B., L'Abbazia di San Pietro in Perugia e gli studi storici, Cesena, Badia di Santa Maria del Monte, 2011 (Pubblicazioni Centro storico benedettino italiano, Italia Benedettina, XXXV) in coedizione con Perugia, Deputazione di storia patria per l'Umbria 2011 (Biblioteca della deputazione di storia patria per l'Umbria, 9)
M. MONTANARI, Mille anni della Chiesa di San Pietro in Perugia e del suo patrimonio, Foligno, Poligrafica F. Salvati, 1966

Redazione e revisione:
Maroni Stefania, 2013/05/24, revisione


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