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Diocesi di Acqui. Tribunale dell'Iquisizione

Sede: Acqui Terme (Alessandria)
Date di esistenza: sec. IV - , Le date si riferiscono all'esistenza della diocesi

Intestazioni:
Diocesi di Acqui. Tribunale dell'Iquisizione, Acqui Terme (Alessandria), SIUSA

DIOCESI ACQUI

Le origini della diocesi sono antiche, ma di datazione incerta: risalgono tra la fine del IV e l'inizio del V secolo. Durante le invasioni dei Goti e dei Longobardi i vescovi ripararono altrove. Dopo il 900, invece, il ruolo dei vescovi assunse un notevole rilievo politico e civile: ai loro buoni rapporti con gli imperatori si devono donazioni che mitigarono i danni delle invasioni. Dopo il Mille, grazie soprattutto a San Guido (1034 - 1070), tornarono a fiorire la spiritualità e l'attività pastorale. Nel territorio si insediarono numerose congregazioni religiose: benedettini, cistercensi, ospedalieri, templari, agostiniani e umiliati. I vescovi venivano in genere eletti dal capitolo della cattedrale. Il territorio della diocesi era controllato da una pluralità di soggetti politici, spesso in lotta fra loro. Il periodo fra il XII e il XV sec. Su molto tormentato per la continua ridefinizione dei possedimenti tra guerre, carestie e pestilenze.
L'istituzione della diocesi di Alessandria (1175) inflisse a quella di Acqui una grave mutilazione; per sedare le contese fra le due città, nel 1180 Algisio, metropolita di Milano, assoggettò la diocesi acquese a quella alessandrina. Dopo cruenti scontri, nel 1206 Innocenzo III decretò la perfetta uguaglianza delle due diocesi, unite sotto un unico vescvo che avrebbe dovuto alternarsi fra le due sedi, ma quando il vescovo si stabilì definitivamente in Alessandria, si tornò alle armi. Nel 1405 Innocenzo VII ripristinò la diocesi di Alessandria e le chiese parrocchiali soppiantarono via via le pievi. Nel settecento la diocesi fu assorbita dal Regno sardo. I rapporti dei vescovi con le autorità laiche e con il clero erano spesso tesi. Nel 1803 con il riordino dei vescovati piemontesi la diocesi di Acqui strappò alle limitrofe cinquantatre parrocchie. Dal 1805 la diocesi divenne suffraganea dell'arcidiocesi di Torino e, passata la bufera napoleonica, tornò ai vecchi confini.
A seguito delle riforme del Concilio Vaticano II, negli anni settanta del Novecento, la diocesi fu suddivisa in nove zone pastorali.
(Notizie tratte da AA.VV., Le diocesi d'Italia, voce "Acqui", ed. San Paolo 2008)

Tribunale dell'Inquisizione

L'attività inquisitoriale nella diocesi di Acqui ebbe storia comune con quella di Alessandria, dalla quale dipendeva come competenza.
Poiché il tribunale dell'Inquisizione di Alessandria, ubicato nel convento domenicano di San Marco, fu soppresso nel 1799, in virtù del decreto emanato dal governo provvisorio piemontese il 28 gennaio di quell'anno, l'archivio venne sigillato, e a quanto pare esisteva ancora nell'autunno del 1802, quando venne traslocata la biblioteca conventuale, che concorse alla dotazione della biblioteca civica, istituita l'anno prima, insieme con le altre prelevate dalle corporazioni religiose cittadine soppresse dal governo francese. Tuttavia i funzionari che si recarono sul luogo il 21 dicembre 1802 per redigerne l'inventario attestarono la sua scomparsa. Dai documenti non risulta alcuna notizia della sua distruzione.
Pertanto le informazioni sull'attività inquisitoriale nella diocesi di Alessandria e in quella di Acqui, si ricavano dal ms. Tabula Inquisitorum Italiæ, conservato nella Biblioteca Civica di Alessandria e compilato da frate Domenico Francesco Muzio, vicario generale del Sant'Uffizio alessandrino dal 1711 al 1730 (con compiti quasi esclusivamente amministrativi: nel 1709 Vittorio Amedeo II di Savoia espulse padre Vincenzo Morello da Albenga, e in seguito non furono più nominati inquisitori a pieno titolo). Muzio, che svolse attente indagini e verifiche sui documenti conservati nell'archivio di San Marco, elencò i seguenti inquisitori: Bencio da Alessandria, vivente nel 1309; Simone Aquabella di Tortona, vivente nel 1381; Pietro Bellingeri di Rivarone (1400 - 1417); Antonio Muzio da Alessandria, vivente nel 1421; Iacopo Inviziati (1468 - 1483); Lorenzo Butini da Fontanile, vivente nel 1490; Benedetto Ruginenti da Rivalta Bormida, vivente nel 1502; Giovanni Maria Inviziati, vivente nel 1519; Tommaso Lunati di Annone (1520 - 1525); Giovanni Michele Castellani da Alessandria (1546 - 1563); Vincenzo Pecora da Milano (1563 - 1572); Giovan Battista Porcelli (1572 - 1589); Onorato Lessio da Milano (1589 - 1593); Marco Antonio Reposi da Alessandria (1593 - 1598); Melchiorre Croceo da Milano (1598 - 1602); Camillo Balliani da Milano (1603 - 1606); Basilio Porta da Novara (1606 - 1623); Domenico Castiglione da Milano (1623 - 1643); Vincenzo Salmoiraghi da Milano (1643 - 1662); Giuseppe Maria Visconti da Milano (1663 - 1668); Pietro Figini da Milano (1668 - 1680); Carlo Maria Arconati da Milano (1680); Carlo Gerolamo Bizzozzeri da Milano (1680 - 1692); Vincenzo Morello da Albenga (1692 - 1709); Antonio Maria Trotti da Alessandria (1709 - 1711); Domenico Francesco Muzio da Alessandria (1711 - 1730). A costoro vanno aggiunti i vicari Giuseppe Maria Notaris da Intra (1730 - 1734), Giacomo Francesco Ferrari da Solero (1734 - 1754), Carlo Giuseppe Boccaccio da Maranzana (1755) e Giovanni Antonio Buissoni da Milano (1756), menzionati dallo storico alessandrino Carlo Avalle.
Se all'archivio diocesano di Alessandria non resta traccia di documenti relativi all'attività inquisitoriale, fatta eccezione per il fascicolo originale del processo per stregoneria contro Ambrogio Gaia (1595 - 1596), al quale si accennerà più avanti, la diocesi di Acqui, invece, conserva numerosi fascicoli la cui schedatura è visibile nella scheda "complesso archivistico" collegata. I documenti acquesi, che in alcuni casi non vanno però oltre la trasmissione di informazioni, la denuncia o l'ascolto dei testimoni, e in altri sono lacunosi, riguardano una notevole varietà di imputazioni: blasfemia, abuso superstizioso o magico di sacramenti, maleficia su esseri umani ed animali, magia erotica, rituale e terapeutica, metamorfosi in animali, unzioni pestifere, evocazioni diaboliche, negromanzia. La partecipazione al sabba viene confessata in un solo caso. Significativa è la quantità di uomini inquisita (che supera il 60%), tra i quali vi erano anche molti parroci, frati francescani e alcuni soldati. Compaiono inoltre degli ebrei. I procedimenti sono condotti dal vescovo, non sempre insieme con l'inquisitore; non si ha menzione esplicita di torture; le pene inflitte sono per lo più ammende, elemosine, penitenze salutari e purgazioni canoniche ad valvas Ecclesiæ con fune al collo e candela in mano; in alcuni casi la scomunica ed il bando dalla diocesi.
Nei registri del Sant'Uffizio di Roma conservati alla biblioteca del Trinity College di Dublino TCD (ms. 1225, cc. 300r - 307v e 334r - 336v) si rinvengono quattro sentenze relative a processi condotti nel 1580 dall'inquisitore Giovanni Battista Porcelli da Albenga insieme con i vescovi Pietro Fauno Costacciara di Acqui e Guarnerio Trotti di Alessandria. Tre sentenze sono state trascritte e pubblicate da Piana Toniolo e riguardano donne accusate di stregoneria, partecipazione al sabba, apostasia e maleficia; si rileva il ricorso alla tortura; una di esse muore in prigione, le altre vengono condannate all'abiura, alla flagellazione e alla purgazione canonica. La quarta sentenza è relativa a un uomo accusato di eresia e poi assolto.
All'Archivio di Stato di Torino (Sezione I, Corte, Materie Ecclesiastiche, cat. 9, Inquisizione, m. 2 non inv., n. 37) è conservato il fasc. del processo istruito nel 1752 dal vescovo di Alessandria Alfonso Miroglio, in collaborazione con il vicario dell'Inquisizione, contro un gruppo di uomini, alcuni alessandrini, altri di un reggimento svizzero di stanza presso la città, accusati di eresia, magia, sortilegi, negromanzia, evocazioni diaboliche. Gli imputati vengono torturati e condannati all'abiura, alla penitenza e alla purgazione davanti al duomo con candela in mano, cartelli declaratori al collo e mitra derisoria in testa.
La documentazione processuale superstite ad oggi nota si esaurisce con un fasc. (lacunoso) conservato nell'archivio privato della famiglia Guasco di Bisio: un processo, istruito dall'inquisitore Marco Antonio Reposi insieme con il vicario vescovile, contro Ambrogio Gaia, accusato di stregoneria e patto con il diavolo. Gli atti si riferiscono al 1595 (testimonianze ed interrogatorî con ripetuto ricorso a diverse torture) e al 1596 (intervento del procuratore dell'imputato, visite mediche e liberazione dietro cauzione). La trascrizione integrale del fasc. è stata pubblicata da Lanzavecchia.
(Nota a cura di Gian Maria Panizza)


Condizione giuridica:
enti di culto

Tipologia del soggetto produttore:
ente e associazione della chiesa cattolica

Complessi archivistici prodotti:
Curia vescovile di Acqui (complesso di fondi / superfondo)


Redazione e revisione:
Caffaratto Daniela, 2013/08/23, prima redazione


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