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Parrocchia di Santa Giustina vergine e martire, Venezia

(Archivi storici della Chiesa di Venezia)

Sede: Castello, VENEZIA
Date di esistenza: sec. XI -

Intestazioni:
Parrocchia di Santa Giustina vergine e martire, Venezia, sec. XI? -

La tradizione lega la fondazione della chiesa di Santa Giustina vergine e martire al nome leggendario di san Magno, vescovo fuggiasco di Oderzo nel VII secolo, che avrebbe innalzato il tempio su rivelazione della santa martire padovana apparsagli in sogno. Se la fondazione del tempio rimane avvolto nella leggenda, altrettanto incerta appare la data della sua erezione a parrocchia, che tuttavia - stante l'antichità di popolamento dell'isola in cui la parrocchia sorse - deve potersi collocare giusto a ridosso della stessa fondazione o, al più tardi, all'XI secolo, periodo in cui la città definisce le proprie strutture amministrative, religiose e civili imperniandole sui confinia - le parrocchie appunto -, officiate da un pievano o da un collegio di sacerdoti (il capitolo). Dal 1219, anno stesso della consacrazione della chiesa, la parrocchia, già collegiata, fu trasformata in priorato e ufficiata da una comunità di canonici regolari di cui rimane incerta la regola. Affievolitasi nel tempo l'esperienza canonicale originaria, la spiritualità e gli ideali di impegno comune nella pastorale della parrocchia furono rinnovati mediante l'innesto nel priorato, a partire dagli inizi del XV secolo, dei canonici regolari dell'ordine del Salvatore di santa Brigida, esperienza tuttavia destinata ad esaurirsi in pochi decenni a causa di subentrate difficoltà di carattere economico che portarono i religiosi ad abbandonare il priorato. Per assicurare alla parrocchia gli offici divini, su pressione degli stessi parrocchiani, la comunità soppressa dei canonici fu sostituita, con bolla apostolica datata 3 marzo 1448, da una comunità di religiose tratte dal monastero di Santa Maria degli angeli di Murano, professanti la regola agostiniana, cui fu posto l'obbligo di mantenere, a spese della comunità, due cappellani incaricati della cura pastorale della parrocchia e dell'amministrazione dei sacramenti. Con i decreti di soppressione e concentrazione delle parrocchie veneziane emanati nel 1807 dal napoleonico Regno d'Italia, la parrocchia di Santa Giustina vergine e martire venne soppressa e inglobata in quella contigua di Santa Trinità, vulgo Santa Ternita; nel 1810 gli stessi provvedimenti furono presi per la comunità delle religiose.

Dal 1448 la parrocchia risulta essere officiata, come detto, da due cappellani dipendenti dalla comunità di monache agostiniane ivi insediate, cui spettava pure il privilegio di eleggere il parroco sotto il titolo di cappellano curato. Un tentativo dei parrocchiani di rivendicare il diritto di elezione del parroco fu sottoposto a giudizio del patriarca, allora Matteo Girardi, nel 1470, concludendosi tuttavia con la conferma dei privilegi stabiliti dalla bolla di papa Nicolò V del 1448 di cui si è fatto cenno sopra.

La parrocchia era affiliata in antico alla cattedrale di San Pietro apostolo: gli obblighi legati al rapporto di filiazione imponevano al pievano e ai titolati della chiesa di Santa Trinità, tra gli altri, di assistere il sabato santo alla benedizione del fonte battesimale nella chiesa matrice, ricevendone l'acqua benedetta per il battistero della propria parrocchia, oltre a cespiti di vario genere fissati dalla consuetudine.

Complessi archivistici prodotti:
Parrocchia di Santa Giustina di Venezia (fondo)


Bibliografia:
F. CORNER, Notizie storiche delle chiese e dei monasteri di Venezia e di Torcello, Padova 1758 (rist. anastatica Bologna 1990), 35-38
G. TASSINI, Curiosità veneziane, Venezia 1915, 309-311
F. CORNER, Ecclesiae Venetae antiquis documentis nunc etiam primus editis illustratae ac in decades distributae, Venetiis 1749, vol. XI, pp. 198 e segg.
G. CAPPELLETTI, Storia della Chiesa di Venezia dalla sua fondazione sino ai nostri giorni, Venezia 1851, vol. II, p. 399
G.B. GALLICCIOLLI, Delle memorie venete antiche, profane ed ecclesiastiche, Venezia 1795, vol. III, pp. 259


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