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Bologna

Luogo: Pontremoli e Firenze
sec. XVII - sec. XX

Due rami della famiglia vennero ammessi separatamente alla nobiltà pontremolese nel 1781: il ramo rappresentato dall'avvocato Niccolò di Pietro Giovanni Bologna, e quello rappresentato dal conte Giacomo Bologna; quest'ultimo presentò lo stemma con le teste di cane rivolte. Il titolo di conte era stato concesso dal duca di Parma Francesco Maria Farnese, nel 1689. Giovanni Bologna, ministro segretario di Stato granducale, ottenne l'ammissione alla nobiltà fiorentina nel 1856.

Intestazioni:
Bologna, Pontremoli (Massa-Carrara) e Firenze, sec. XVII - sec. XX, SIUSA

I Bologna di Firenze discendono da uno dei due rami della famiglia che nel 1781 ottenne la nobiltà di Pontremoli. Paolo, marito di Teresa Mastrelli, ebbe, fra gli altri figli, Giovanni (1781-1857) che fu educato dal fratello maggiore, arciprete. Egli studiò prima a Parma, poi a Pisa, dove si laureò in giurisprudenza nel 1805. Si trasferì poi a Firenze dove fece apprendistato presso l'avvocato Poschi. Nell'ottobre 1811 fu nominato consigliere auditore della corte imperiale e, al rientro dei Lorena, fu nominato segretario alla presidenza del Buon Governo, dove rimase fino al 1823. Nello stesso '23, fu nominato auditore alla Ruota criminale ed egli si perfezionò in diritto penale. Nel '32 tornò negli uffici del Buon Governo come presidente, dove si occupò della riforma della polizia e del regime carcerario e iniziò i lavori per la riforma del codice penale, cui continuò a lavorare quando passò nel Consiglio di Stato, nel 1847. Nel 1850, Giovanni Baldasseroni fu nominato ministro degli affari ecclesiastici nelle cui vesti fu obbligato ad accettare un trattato con il pontefice che non rientrava pienamente nelle sue volontà. Fu anche grancroce dell'ordine di S. Giuseppe (nomina del 10 febbraio 1838) e commendatore di S. Stefano (di cui vestì l'abito nell'agosto 1856, forse per ricucire lo strappo con Leopoldo II prodottosi a causa del concordato).
Figli del fratello Pietro furono Maria Adelaide nei Ricci, Maria Chiara nei Giuliani e un altro Giovanni, ultimo della famiglia. I beni e l'archivio seguirono la promogenita ed entrarono nella famiglia dei Ricci Armani.
Arme: "D'azzurro, a tre teste di cane d'argento bailonate di un osso d'oro; con il capo cucito d'Angiò".

Per saperne di più:
Blasoni delle famiglie toscane descritte nella Raccolta Ceramelli Papiani

Complessi archivistici prodotti:
Bologna, famiglia (fondo)


Fonti:
ASFi, Ceramelli Papiani, n. 751
ASFi, Deputazione sopra la nobiltà e la cittadinanza, n. LX, 8-9

Bibliografia:
AGLIETTI Marcella, Le tre nobiltà. La legislazione del Granducato di Toscana (1750) tra Magistrature civiche, Ordine di Santo Stefano e Diplomi del Principe, Pisa, ETS, 2000, 347
Vittorio Spreti, "Enciclopedia storico-nobiliare italiana", vol. I-VI, 1-2 (appendici), Milano 1928-1956, 105, vol. II
CINI MARCO, Fedeltà dinastica e identità di ceto: l'aristocrazia di Pontremoli e l'Ordine di Santo Stefano dalla Restaurazione all'Unità, in Pontremoli e l'Ordine di Santo Stefano, atti del convegno (Pontremoli), Edizioni ETS, Pisa 2002, pp. 137-156, 145-146

Redazione e revisione:
Insabato Elisabetta, 2008/01/30, supervisione della scheda
Romanelli Rita, 2005/09/05, prima redazione
Romanelli Rita, 2007/03/11, integrazione successiva


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