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Bugiani Arrigo

Grosseto 1897 dic. 21 - Figline Valdarno (Firenze) 1994 ago. 14

Scrittore
Editore

Intestazioni:
Bugiani, Arrigo, scrittore, editore, (Grosseto 1897 - Figline Valdarno 1994), SIUSA

Arrigo Bugiani ha alternato il lavoro di operaio e poi di impiegato alle acciaierie ILVA a una ininterrotta passione per la letteratura e, dal 1951, anche a una fitta attività di piccolo, originale e raffinato editore. A 12 anni entrò come apprendista nello "stabilimento" di Follonica e, tranne la parentesi degli anni della I guerra mondiale, ha sempre lavorato alle dipendenze della stessa azienda (che in seguito a trasformazioni societarie ha assunto il nome di Italsider), passando dal ruolo di apprendista tornitore a ricoprire mansioni di ufficio. Da autodidatta, confinato nell'isolamento della provincia, si propose spontaneamente all'attenzione della redazione de «Il Frontespizio», la rivista fiorentina che aveva aggregato gli intellettuali cattolici (un gruppo animato da scrittori come Piero Bargellini, Carlo Betocchi e Nicola Lisi, accomunati ad Arrigo dallo stesso anelito religioso) all'insegna della conciliazione tra cultura e spiritualità. Le prime brevi prose liriche furono pubblicate sulla rivista nel 1931 con il titolo redazionale di "Due vangate nel sodo", alle quali seguirono sporadicamente altri "pezzetti" che daranno sostanza al primo libro di Bugiani, la "Festa dell'òmo inutile" (1936). Si intuisce che siamo nell'ambito di un filone regionalistico che guardava con diffidenza alla modernità opponendogli consapevolmente una resistenza da posizioni di retroguardia: il nome che si evoca per affinità è quello di Domenico Giuliotti (a cui non a caso Bugiani si rivolge per proporre i suoi primi frammenti), senza però che in questo caso si raggiunga la stessa carica apocalittica, reazionaria e "selvatica". L'ambientazione è campagnola, lo stupore di fronte alle scoperte della vita assolutamente primitivo, ma siamo lontani da ogni verismo macchiettista, piuttosto si può richiamare l'etichetta di un realismo visionario che parte dall'osservazione della realtà e soprattutto dall'indagine delle proprie intime motivazioni. In maniera così spietata da sventare qualsiasi pericolo di riduzione idilliaca (per la durezza di questa ricostruzione viene associato a Bugiani il magistero di un altro provinciale, quello di Federigo Tozzi). Il dolore del mondo, sospeso tra ricostruzione autobiografica o virato in chiave di nota paesaggistica, è ribaltato - come alla vigilia di una festa - nella scoperta dell'amore per la terra e per la bellezza della natura, che si confondono in un sentimento religioso, che rimarrà sempre la vera fonte di ispirazione dello scrittore maremmano. Possiamo parlare di umanesimo cristiano, non alieno da timbri drammatici e sofferenti ma privo degli accenti più retrivi o rozzamente strapaesani: anche l'insistenza su grafie e lessico vernacolari è più un espediente da prosa d'arte che non una caduta nella meccanica trascrizione di una lingua popolaresca. Una poetica dunque che associa un francescanesimo fatto di semplicità arcaica e di sofferta religiosità a una prosa sorvegliatissima sotto l'apparente patina di rustica grossolanità. Dopo la fine dell'esperienza del «Frontespizio», Bugiani ha seguito un suo percorso autonomo (accettato senza rivendicazioni di superbia solitaria), accentuato anche dagli spostamenti dovuti a motivi di lavoro: nel 1939 l'Ilva lo trasferisce in Liguria a Cogoleto, dove resta fino al 1942, anno in cui passa a Torre Annunziata. In Maremma tornerà invece nel 1945. Nel 1946 pubblica una nuova serie di prose raccolte in un volumetto, "La stella", con copertina e illustrazioni di Ottone Rosai: se rimane un legame di continuità con l'esperienza passata è unanime il giudizio critico che ne sottolinea l'evoluzione rispetto al libro precedente: gli spunti più moralistici e le cadenze più provinciali del linguaggio si attenuano e l'autore - prendendo a prestito quello che scrive nella "schedina" autobiografica -, ripercorrendo a ritroso il suo cammino, si scopre ingentilito e rivelato finalmente poeta, una conquista maturata dopo un processo introspettivo che ha coinvolto memoria, autobiografia e osservazione della vita rurale, sintetizzati in una prospettiva religiosa che tiene insieme ogni spinta centrifuga. Tutto riconduce quindi a una chiave di sincera fede religiosa, che rimane sempre la sua voce più autentica. La levigazione delle asprezze continua ne "L'altalena degli adulti", pubblicato nel 1954 dalle edizioni don Giuseppe De Luca (che già aveva favorito l'uscita del libro precedente presso la Morcelliana di Brescia), la cui conoscenza, maturata già al tempo del «Frontespizio», ha rappresentato per Bugiani un importante sodalizio, umano e editoriale (alle sue Edizioni di Storia e Letteratura ha affidato nel 1958 il poetico diario-calendario di "Annata felice" e nel 1985 "Questo e altro", una raccolta che riunisce i suoi testi che più corrono sul filo della memoria e cioè "L'altalena degli adulti" e "Soggiorno a Pistoja" del 1976).
Da Follonica Bugiani si spostò a Grosseto, dove mise in piedi una rete di legami di amicizia e di collaborazione con gli esponenti del mondo cattolico locale, in particolare con un prete come don Amleto Pompili. L'esperienza acquistata negli anni precedenti grazie alla frequentazione dei cattolici fiorentini e l'influenza delle radici maremmane contribuirono a fornire ispirazione alla sua prima invenzione editoriale: la rivista «Mal'Aria», di cui uscirono 9 numeri, dal giugno 1951 all'ottobre 1954. Il sottotitolo recava la specificazione di "rivista maremmana" (e Arrigo la definì più avanti un "capriccio di provinciali") ma le ambizioni, al di là dell'apparenza naïf, erano di farne un organo militante al servizio della spiritualità cattolica. Accanto alla linea editoriale (anche se non si può parlare di vere e proprie linee guida ma piuttosto di una tendenza plurale che prendeva forma a seconda dei vari interpreti), è da sottolinearne la cura con la quale ogni numero prendeva vita in tipografia e l'attenzione che veniva prestata al rapporto tra testo e arti figurative, come viene alla luce nei numeri monografici dedicati a Lorenzo Viani, Pietro Parigi e Luigi Bartolini (l'ultimo fascicolo monografico, che chiude la storia della rivista, fu dedicato invece a Domenico Giuliotti). Ma ancora di più è da mettere in risalto il lavoro artigianale di Bugiani, che concentra su di sé (grazie anche allo sdoppiamento garantito dalla proliferazione degli pseudonimi) il ruolo di editore, recensore, editorialista e anche quello di curatore della parte tipografica.
Seguirà nel 1956, sempre al seguito di vicende aziendali, un nuovo trasferimento in Liguria dove ebbe la possibilità di allargare la sua cerchia di amicizie e di frequentare da vicino personalità come Angelo Barile e Camillo Sbarbaro. Il legame dell'amicizia, prima con gli esponenti del «Frontespizio» e poi con i nuovi sodali liguri, rappresenterà per Arrigo un punto di riferimento fondamentale, sancito anche dalla galleria di ritratti di intellettuali amici che lui, appassionato fotografo, ha accumulato. A Genova, a testimonianza forse non casuale di un ampliamento di orizzonte, darà avvio nel 1960 a un progetto unico nel suo genere: i "Libretti di Mal'Aria" che, nati come supplemento (e con l'idea di una forte continuità tra le due esperienze) a una rivista che non esisteva più, prenderanno poi vita autonoma, lungo un percorso, originale e fortunato, durato quasi 35 anni. La tendenza accentratrice già avvertita nella rivista qui si accentua ulteriormente: l'azienda editoriale in questo caso si è identificata davvero con una sola persona (salvo il contributo - sempre a titolo di amicizia - di valenti stampatori, come Lombardo di Genova e Colombo Cursi di Pisa, città in cui Bugiani si trasferì, ormai pensionato tutt'altro che dedito all'ozio, nel 1965), un artigiano che riunisce alla maniera antica tutte le funzioni: coordina, suggerisce, impagina e che, quando scrive, lo fa spesso celato sotto lo schermo di un nomignolo. Nati dapprincipio con dietro un progetto di vendita e di abbonamento, idea poi venuta meno perché in manifesta contraddizione alla loro natura di dono gratuito, i libretti si sono diffusi grazie a una rete di appassionati e sostenitori. Una mini-biblioteca dalla veste tipografica artigianale e preziosa, realizzata con materiali particolari e stili sempre differenti (già la lista dei vari tipi di carta è un catalogo dalla nomenclatura para-scientifica). Ogni libretto è costituito da un semplice foglio di carta piegato fino a costituire 4 pagine stampate su uno stesso lato (raramente è impressa anche l'altra facciata e in pochissimi casi è stato aggiunto un secondo foglio), comprendente un'immagine associata a un testo inedito o raro (un intreccio virtuoso tra parole e grafica già sperimentato con «Mal'Aria»): epigrafi, preghiere, aneddoti, motti, documenti antichi, poesie, racconti brevi, aforismi ecc., tratti da poeti e prosatori coevi e della tradizione, italiani e stranieri, ma anche testimonianze della cultura popolare (spesso nascosta nella sapienza dei proverbi) e perfino dei dialetti e delle minoranze linguistiche, fino ai disegni di bambini e a testi salvati casualmente dalla dispersione. La corda predominante resta quella religiosa, anche se la chiave può essere quella dell'arguzia o della sapidità popolare. Arrivato alla cifra tonda di 500 Bugiani ha continuato ad andare avanti introducendo però una sigla negativa e concludendo questa avventura nel 1994 con il numero 500 meno 70. In tutto 568 titoli (2 numeri dell'ultima centuria sono rimasti inediti), a cui si aggiunge un libretto preparato dall'autore e uscito postumo senza numerazione (come qualche altro libretto estravagante apparso saltuariamente). Nella scala minima dei libretti in fondo si ripete, in una parabola che si srotola nell'arco di oltre tre decenni, lo stile caratteristico di Bugiani, cioè quello del frammento, e la misura breve che è possibile intravedere nei suoi vecchi testi si può dire anticipi la perfezione in miniatura dei libretti; al di là dell'impressione di spontaneità il suo stile, soprattutto nei lunghi anni della maturità, è dunque sempre sorvegliato, tanto che la sua limitata produzione si può attribuire più a un'attenzione meticolosa per le parole che non a un difetto dovuto alle cause accidentali di una vita condotta da letterato dilettante. Anche i suoi contributi apparsi sui periodici a cui ha collaborato (giornali cattolici come «L'Osservatore romano», «Il Quotidiano», «Il Gallo», «Il buon vecchio», la rivista di Adriano Grande «Persona», le riviste aziendali «Noi dell'Ilva» e «Italsider» ecc.) appaiono saltuari e dispersi in varie direzioni. Il suo contributo è stato dunque quello di un outsider, con tutto il valore aggiunto di chi fa sentire la propria voce dalla periferia o da un ambiente estraneo ai centri letterari.


Complessi archivistici prodotti:
Bugiani Arrigo (fondo)


Bibliografia:
Domenico Giuliotti, "L'òmo di Follonica", in Id. "Penne pennelli scalpelli", Firenze, Vallecchi, 1942, p. 7-14.
Luciano Rebuffo, "I libretti di Mal'Aria", «Rivista Italsider», a. 4 (febbr.-mar. 1963) n° 1, p. 36-38.
Marino Parenti, "La più esile biblioteca del mondo", «La Nazione», 25 giugno 1963.
"Ventisei Libretti di Mal'aria. Agenda 1973", con un testo di Angelo Gianni, Messina, Firenze, D'Anna, 1972.
"Mostra grafica «i Libretti di Mal'Aria»", Pisa, Biblioteca universitaria, 11-23 giugno 1979, con un testo introduttivo di Michele Feo, Pisa, 1979.
"500 libretti di «Mal'Aria» pubblicati da Arrigo Bugiani. Mostra antologica 1960-1989", Pistoia, a cura di Paolo Tesi, Pistoia, 1989.
"Mal'Aria. Rivista maremmana, 1951-1954", ristampa anastatica a cura di Massimo Oldoni, saggio introduttivo di Roberto Fedi, con due contributi di Epifanio Ajello e Massimo Oldoni, Cava dei Tirreni, Avagliano, 1996.
"«Mal'Aria» nome per nome, 1960-1994. Indice dei libretti di Arrigo Bugiani", a cura di Francesco Sarri, Novara, i fogli del geranio, n° 21, 14 aprile 1996.
Paolo Tesi, "I libretti di Mal'Aria di Arrigo Bugiani", «Antologia Vieusseux», a. 3 n.s. (maggio-dic. 1997) n° 8-9, p. 158-161.
Laura Malfatto, "Arrigo Bugiani e i 'Libretti di Mal'Aria'. Un dono alla biblioteca Berio, una mostra, un seminario", «la berio», a. 37 (genn.-giugno 1997) n° 1, p. 40-84.
"Omaggio ad Arrigo Bugiani", a cura di Laura Malfatto e Giorgio L. Olcese, Genova, Comune, Assessorato alla cultura, Biblioteca Berio, 1998.
Michele Feo, "Aria di Mal'Aria. In memoria di Arrigo Bugiani", «Archivi del nuovo», (apr. 1998) n° 2, p. 13-26.
Paolo Tesi, "I libretti nati per caso. Arrigo Bugiani e i Libretti di Mal'Aria", «Il Tremisse pistoiese», a. 23 (genn.-ag. 1998) n° 1-2, fasc. 65-6, p. 24-27.
"Arrigo Bugiani e il mondo di Mal'Aria. La traccia della semplice bontà. Un'idea, un progetto, un percorso letterario", a cura di Simone Giusti, Roccastrada, Vieri, 2002.
Massimo Oldoni, "Arrigo Bugiani e i «Libretti di Mal'Aria»", «Paratesto» (2005) n° 2.
"Arrigo Bugiani scrittore ed editore" (con una "Breve storia di Arrigo Bugiani" scritta da Orso Bugiani), «Resine», a. 31 (1° trimestre 2010) n° 123, p. 7-62.
Francesco Sarri, "Il «visibile parlare» di Arrigo Bugiani. Per una lettura storico-letteraria dei «Libretti di Mal'Aria»", «Carte vive», a. 22 (agosto 2011) n° 46, p. 42-91.
"L'esperienza letteraria di Arrigo Bugiani dal 1930 al 1958. Documenti e studi", a cura di Simone Giusti, Lecce, Pensa Multimedia, 2012.
"I libretti di Mal'Aria. La biblioteca più esile del mondo negli scrittori e artisti giuliani e friulani del '900", a cura di Francesco Cenetiempo, Trieste, Biblioteca statale "Stelio Crise", 11 ottobre-29 novembre 2014, Trieste, Il Ramo d'oro, 2014.
Simone Giusti, "The Mal'Aria Booklets", «Archivio», (dec. 2017) n° 1, p. 172-176.
Camillo e Clelia Sbarbaro, Arrigo Bugiani, "Lettere 1959-1975", a cura di Gloria Manghetti, Genova, Edizioni San Marco dei Giustiniani, 2022.

Redazione e revisione:
Capannelli Emilio, revisione
Desideri Fabio, 14 aprile 2011, rielaborazione
Desideri Fabio, 7 marzo 2023, integrazione successiva
Morotti Laura, 18 settembre 2008, prima redazione


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