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Civinini Giuseppe

Pisa 1835 apr. 11 - Firenze 1871 dic. 19

patriota
insegnante
giornalista
politico

Intestazioni:
Civinini, Giuseppe, patriota, insegnante, giornalista, politico, (Pisa 1835 - Firenze 1871), SIUSA

Giuseppe Civinini nacque a Pisa l'11 aprile 1835 da Filippo, medico e professore pistoiese di illustre fama titolare di cattedra universitaria presso l'Ateneo pisano e da Gioconda Marini. Fino dalla più giovane età si dedicò alla causa repubblicana aderendo alla "Giovine Italia" e impegnandosi in un'intensa attività cospirativa fra la Toscana e il Piemonte che lo portò più volte ad essere arrestato dalla polizia granducale e da quella del Regno di Sardegna. A soli 15 anni si rifugiò in Inghilterra, a Liverpool, per sfuggire a un'accusa di lesa maestà conseguente alla sua affiliazione alla Giovine Italia. Dopo breve tempo si spostò a Genova e da qui, rintracciato dal governo granducale, fu inviato a Pistoia dove fu arrestato dopo poco tempo. Rimase in carcere pochi mesi, non essendo state trovate prove decisive a suo carico e si trasferì quindi a Firenze, dove ebbe modo di entrare a far parte del gruppo di patrioti che si riuniva presso la villa di Bettino Ricasoli per preparare azioni cospirative. Accusato di essere l'autore di alcuni opuscoli stampati clandestinamente ritrovati proprio nella villa del Ricasoli, dovette fuggire ancora e si recò in Piemonte, dove però fu nuovamente arrestato a causa di una sua pubblicazione giudicata sovversiva. Uscito di prigione, ottenne un posto di maestro elementare prima in un collegio di Mondovì, poi a Cuneo, dove collaborò al quotidiano «La sentinella delle Alpi». Nel 1857 su incarico del partito mazziniano ritornò in Toscana per preparare l'insurrezione di Livorno che ebbe luogo, con esito fallimentare, il 30 novembre di quell'anno. Tornato in Piemonte si stabilì a Torino dove conobbe Adriano Lemmi, stretto collaboratore di Giuseppe Mazzini, convinto sostenitore del movimento patriottico, definito "banchiere della rivoluzione italiana" per la generosità con cui finanziò la causa democratica. Il Civinini lo seguì a Costantinopoli come educatore dei suoi figli e qui rimase due anni. Nel 1860 tornò in Italia per unirsi alla spedizione dei Mille, fu nominato luogotenente e poi capitano e fu scelto da Garibaldi come segretario personale. Terminata la campagna del 1860 tornò in Piemonte e si stabilì a Torino dove divenne direttore della rivista «Il diritto» portavoce della sinistra parlamentare, di proprietà dell'amico Lemmi, alternando l'attività di giornalista politico a quella militare. Nel 1862 fu ancora con Garibaldi sull'Aspromonte e gli fu compagno di prigionia, ma poco dopo si avvicinò alle posizioni legalitarie di quella parte dei democratici, come Crispi e Mordini, che di lì a poco vennero sconfessati da Garibaldi. Nel 1865 si spostò a Firenze, divenuta capitale del Regno d'Italia, continuando a dirigere «Il diritto» e nello stesso anno fu eletto come rappresentante della città di Pistoia al Parlamento Nazionale. Sebbene in quella sede si fosse dichiarato contrario all'impresa, ritenendola una guerra gestita da un governo di Destra e accusando i compagni di sacrificare la libertà in nome dell'unità, l'anno successivo si arruolò tra i volontari al seguito di Garibaldi per l'intervento in Trentino, occasione in cui ottenne la croce di Savoia al merito militare in seguito alla vittoria riportata nella battaglia di Bezzecca. In seguito alla rottura con Francesco Crispi avvenuta per la sua presa di posizione contro la campagna in Trentino, fu costretto a lasciare la direzione de «Il diritto». Fondò allora «Il nuovo diritto», in un clima politico piuttosto teso che favoriva intese tra Destra liberale e Sinistra moderata. È in questo contesto che si inserisce la svolta politica di Civinini il quale, nel 1867, venne eletto al Parlamento con l'appoggio della Destra ricasoliana. Poco dopo fu coinvolto nel primo grosso scandalo dell'Italia post unitaria, relativo alla concessione della privativa della fabbricazione dei tabacchi. In tale occasione fu accusato di aver favorito il voto sulla concessione mosso da interessi personali ma uscì assolto dall'inchiesta parlamentare e dai successivi strascichi giudiziari per mancanza di prove. Oltre ai numerosi articoli da lui pubblicati su quotidiani e riviste italiani e stranieri, fra i suoi scritti politici si ricordano i seguenti discorsi pronunciati alla Camera: "Per la legge sul riordinamento della amministrazione centrale e provinciale dello stato", "Per la legge che toglie l'esenzione dei chierici dalla leva", "Per la proposta di una inchiesta intorno alla Regia dei Tabacchi", a difesa delle accuse che gli erano state rivolte in merito. Scrisse anche: "Di alcune istituzioni inglesi studi di politica positiva" e resta incompiuto un saggio sull'antico impero germanico. Fu direttore de «La Nazione» dal 16 ottobre 1869 fino alla morte, che lo colse prematuramente a soli 36 anni, per grave malattia, il 19 dicembre 1871.

Complessi archivistici prodotti:
Civinini Filippo, Giuseppe e Filippo Jr. (fondo)


Redazione e revisione:
Capannelli Emilio, revisione
Gelli Simona, 2012/11, prima redazione
Morotti Laura, 2013/01, rielaborazione


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