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Rodinò Giulio

Napoli 1875 gen. 10 - Roma 1946 feb. 16

politico, avvocato

Intestazioni:
Rodinò, Giulio, politico, avvocato, (Napoli 1875 - Roma 1946), SIUSA

Figlio di Gianfrancesco, marchese di Sangineto, e di Giuseppina Sanseverino, Giulio Rodinò nacque a Napoli nel 1875 da una famiglia di antica aristocrazia legata ad ambienti del movimento cattolico napoletano: il nonno materno, Luigi Sanseverino principe di Bisognano, era stato tra i promotori dell'Opera dei congressi mentre il padre aveva fondato, nel 1891, il Circolo cattolico per gli interessi di Napoli.
Compiuti gli studi classici presso i gesuiti del convitto Pontano, si iscrisse alla Facoltà di Giurisprudenza dell'università di Napoli ove si laureò nel 1897. Subito dopo cominciò a esercitare l'avvocatura e allo stesso tempo ad avvicinarsi alla politica, entrando a far parte del Circolo fondato dal padre.
Convinto della necessità di trasformare la militanza cattolica in presenza fattiva nella vita politica ed amministrativa, si candidò al consiglio comunale di Napoli, ove fu eletto nel 1901 e riconfermato nelle successive elezioni, come assessore delegato nel 1907, e assessore all'igiene nel 1910.
Alle politiche del 1913 venne eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati, dove, tra il 1919 e il 1920 fu prima questore e poi vicepresidente.
Durante il ministero Nitti (dal 22 maggio al 16 giugno 1920) ricevette l'incarico di ministro della Guerra e si trovò ad affrontare problemi connessi alla fine del conflitto, come la smobilitazione e il riordinamento dell'esercito, il ridimensionamento dei corpi di occupazione, le questioni albanese e fiumana. Caduto il governo venne eletto componente della Commissione per l'inchiesta sulle spese di guerra, incarico che lasciò in seguito per tornare, nell'aprile del 1921, alla guida del dicastero della Guerra.
Nominato ministro guardasigilli nel governo Bonomi dal 2 aprile al 4 luglio 1921, portò a termine il piano per il nuovo ordinamento giudiziario che prevedeva, tra l'altro, la riduzione del numero dei magistrati e degli uffici giudiziari; si occupò, inoltre, dell'ordinamento della professione forense e completò la stesura di un disegno di legge per l'assistenza previdenziale degli avvocati.
I suoi molteplici impegni politico-istituzionali si svolsero parallelamente a quelli di partito. Partecipò a tutte le fasi preliminari che portarono alla nascita del Partito Popolare: nel dicembre del 1918 prese parte alla riunione della "piccola costituente" e nel 1919 sottoscrisse "l'appello ai liberi e forti". Nel partito ricoprì, tra l'altro, le cariche di consigliere nazionale, membro della Direzione e presidente del triumvirato, retto insieme a Gronchi e Spataro dal 1923, in seguito alle dimissioni di Luigi Sturzo.
Al IV congresso del partito, svoltosi a Torino nell'aprile 1923, riguardo alla dibattuta questione dell'atteggiamento da assumere nei confronti del governo Mussolini, dinanzi a un'assemblea divisa tra coloro che intendevano sostenere il governo e coloro che, invece, volevano una ferma opposizione, Rodinò prese la parola proponendo di mantenere una posizione indipendente approvando, secondo l'opportunità, gli atti del governo o contrastandoli se difformi dai principi informatori del partito. Le risoluzioni congressuali provocarono, com'è noto, l'esclusione dei ministri popolari dall'esecutivo e la definitiva rottura tra il Ppi e Mussolini, culminata con le forzate dimissioni di Sturzo dalla segreteria del partito. La linea politica del triumvirato riaffermava la posizione centrista e la necessità di conformarsi esclusivamente all'originario programma popolare, mentre le divisioni interne e le defezioni dei popolari filofascisti cominciarono a minare dall'interno la stabilità del partito. Nell'affrontare le elezioni del 1924, alle quali il Ppi decise di presentarsi con una lista autonoma, Rodinò sperò ancora in un blocco parlamentare del movimento fascista e in una regolarizzazione della situazione degli altri partiti.
Con la nuova legislatura, inaugurata nel maggio 1924, Rodinò, eletto in Campania insieme a Giovanni Battista Bosco Lucarelli, fu nominato vicepresidente della Camera. A giugno, dopo il delitto Matteotti, decise di ritirarsi dall'aula insieme agli altri "aventiniani" e, poiché avrebbe dovuto, quale rappresentante della Camera, recarsi al Quirinale insieme agli esponenti della maggioranza per la risposta al discorso della Corona, decise di dimettersi dall'incarico.
Nel 1926, a seguito dello scioglimento di tutti i partiti politici e alla revoca del mandato parlamentare dei deputati aventiniani, Rodinò, uscito forzatamente dalla scena politica, si ritirò a vita privata dedicandosi alla cura del patrimonio familiare, pur continuando a mantenere stretti rapporti con gli amici di partito.
Dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, Rodinò riprese gradualmente l'attività pubblica imponendosi, per la sua esperienza politica e per il suo passato antifascista, come una delle figure di rilievo del nuovo partito della Democrazia Cristiana. Al Congresso di Bari sostenne la mozione di Vincenzo Arangio Ruiz, approvata poi a maggioranza, per la formazione di un governo con la partecipazione di tutti i partiti rappresentati al congresso e per la convocazione di un'Assemblea costituente da promuovere a conclusione delle ostilità. Prese parte, in funzione moderatrice, all'acceso dibattito sulla questione istituzionale e si adoperò per far accettare la proposta De Nicola sulla luogotenenza.
Nel secondo governo Badoglio, dal 22 aprile al 18 giugno 1944, gli venne confermata la carica di Ministro senza portafoglio e tra il dicembre 1944 e il giugno 1945 (governo Bonomi) fu nominato, insieme a Togliatti, vicepresidente ai lavori della Consulta nazionale fino a qualche giorno prima della sua scomparsa, avvenuta il 16 febbraio 1946.


Per saperne di più:
Rodinò, Giulio - Biografia pubblicata sul sito web dell'Enciclopedia Treccani.

Complessi archivistici prodotti:
Rodinò Giulio (fondo)


Bibliografia:
G. DE ROSA, Il Partito popolare italiano, Roma-Bari, Laterza, 1988
M. G. ROSSI, Partito Popolare Italiano. Da Sturzo a De Gasperi. Profilo storico del cattolicesimo politico nel Novecento, Roma, Editori Riuniti, 1985
A. CESTARO, Giulio Rodinò, in Dizionario storico del Movimento Cattolico in Italia, 1860-1980, II, Roma, Marietti, 1982, 549-552
A. CESTARO, Rodinò, Sturzo e il Partito popolare a Napoli, in L. Sturzo nella storia d'Italia, II, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1973, 133-153
G. DE ANTONELLIS, I popolari a Napoli, in Il Partito popolare: validità di un'esperienza, Milano, 1969
G. DEURINGER - E. FIORE - M. RODINO', Un uomo e un'idea. Documentazione della vita politica di Giulio Rodinò, Napoli, L'Arte Tipografica, 1956

Redazione e revisione:
Malfatti Stefano, 2020/11/13, integrazione successiva
Ortu Beatrice, 2016/01/25, prima redazione
Santolamazza Rossella, SIUSA nazionale, 2020/11/13, supervisione della scheda


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