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Gerbore Pietro

Roma 1899 mar. 6 - Firenze 1983 nov. 19

Diplomatico
Giornalista
Scrittore

Intestazioni:
Gerbore, Pietro, diplomatico, giornalista, scrittore, (Roma 1899 - Firenze 1983), SIUSA

Nato a Roma in una famiglia valdostana molto legata a Casa Savoia, all'avvento della Repubblica, partito in esilio l'ultimo Re d'Italia, per rimanere fedele al giuramento fatto alla Monarchia, si dimise dal servizio diplomatico in cui era entrato nel 1924. Negli anni precedenti, alla fine delle ostilità della prima grande guerra europea, aveva fatto parte della commissione alleata di controllo di Austria e Ungheria: i rapporti di forza tra le nazioni e il modo per regolarli attraverso l'arte della diplomazia saranno infatti sempre al centro delle sue attenzioni, in prima persona durante gli uffici svolti nel corpo diplomatico, poi come studioso di relazioni internazionali. Come incaricato d'Affari ha svolto missioni in Canada, negli Stati Uniti, a Vienna, a Lisbona e a Bucarest. Proprio in Romania aveva conosciuto una giovane nobildonna, Aurelia Athanasiu, appartenente a una grande famiglia terriera caduta in rovina sotto il regime comunista, che diverrà sua moglie. Abbandonata la carriera diplomatica, Gerbore si è dedicato alla ricerca storica e al giornalismo, entrambi sostenuti da una infaticabile sete di aggiornamento per i fatti della vita italiana e mondiale. Nel secondo dopoguerra ha militato nei movimenti e nelle organizzazioni filomonarchiche ma sempre mantenendo una certa distanza (che non ne attenuava il dovere di testimoniare una causa), alimentata dalle riserve sulle capacità della sua stessa fazione politica di rappresentare una valida alternativa alla democrazia popolare, a cui peraltro guardava con atteggiamento di aristocratico scetticismo. La stessa sfiducia nelle istituzioni, fino a cadere in un rifiuto antropologico per l'intera società italiana nata dalle macerie della guerra, è facile che lo avesse avvicinato a Leo Longanesi: ecco allora la collaborazione a «il Borghese» dove, dal 1951 al 1957, cioè fino alla morte del fondatore e direttore del periodico conservatore, scrive di storia e di politica internazionale. Per la casa editrice di Longanesi traduce alcuni libri (dall'inglese e dal tedesco) e pubblica le prime monografie: "Dame e cavalieri del Re" (1952), sui cortigiani dei sovrani piemontesi fino a Umberto I, "Commendatori e deputati" (1954), una storia delle due Italie (quella del malaffare e della probità) uscite dal processo unitario, per arrivare al vademecum de "Il vero diplomatico" (1956), un autentico manuale di ars diplomatica del XX secolo. Gerbore ha scritto a lungo anche per il «Roma», giornale napoletano di proprietà di Achille Lauro, dove ha collaborato - con editoriali di terza pagina e di attualità - con direttori come Alfredo Signoretti, Alberto Giovannini e Piero Buscaroli. Ha sempre scritto con frequenza e con grande dimestichezza di penna e la rassegna stampa dei suoi articoli ha assunto di conseguenza una mole consistente. Altre testate dove appare la sua firma sono «Il Globo», «Il giornale d'Italia» e «La Torre», un periodico di Giovanni Volpe, un animatore culturale e editore della destra tradizionalista con cui Gerbore ha collaborato negli anni Settanta e presso la cui casa editrice ha pubblicato vari studi: "La Monarchia" (1976), resoconto della storia centenaria della monarchia italiana, un saggio sulla politica e la diplomazia internazionale intitolato "I responsabili" (1980) e una storia degli Stati Uniti compresa in "L'America di fronte all'Europa" (1981). Per la stesso editore fa uscire, nel 1983, "Il cavallo e l'uomo", un curioso trattato sull'equitazione. Come al suo gusto aristocratico, a cui si accompagnava una provvidenziale carica di eccentricità intellettuale, è da far rientrare il volume, pubblicato postumo, dedicato alla gastronomia, promossa in questo caso a "Una storia dell'arte di vivere" (Torino, Fògola, 1985), una vera e propria storia universale costruita con i piccoli fatti dei progressi culinari: come scrive lui stesso, il buon gusto a tavola diventa indice di socievolezza, il consorzio umano si fonda quando cominciano ad essere apprezzati i piaceri della cucina. Il rimpianto per un mondo che è stato travolto senza appello dalla modernità è la sua cifra caratteristica, il convincimento che i tempi fossero scaduti in una età appiattita sulla volgarità e la sua idea di Italia conservatrice, liberale e elitaria (per lui sinonimi di eleganza e buone maniere) ne hanno poi isolato la posizione tra le fila del suo stesso schieramento politico (dal partito monarchico all'MSI). In fondo il suo acume da vecchio gentleman lo rendevano consapevole che quel mondo era irrimediabilmente tramontato e che invece di restaurarne rabbiosamente i cardini fosse più opportuno limitarne i guasti.

Complessi archivistici prodotti:
Gerbore Pietro (fondo)


Bibliografia:
Pietro Gerbore, "Una storia dell'arte di vivere", prefazione di Piero Buscaroli, Torino, Fògola, 1985.

Redazione e revisione:
Capannelli Emilio, revisione
Desideri Fabio, 14 ottobre 2009, revisione
Manghetti Gloria, 1996, prima redazione
Morotti Laura, 2009/06, rielaborazione


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