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Salvagnoli Vincenzo

Corniola di Empoli (Firenze) 1802 mar. 28 - Pisa 1861 mar. 21

Intestazioni:
Salvagnoli, Vincenzo, (Corniola di Empoli 1802 - Pisa 1861), SIUSA

Vincenzo Salvagnoli nacque da Cosimo Ignazio e da Silvia Genovesi di Santa Croce sull'Arno. La sua formazione avvenne sotto la guida del canonico Luigi Pandolfini, proseguì al Liceo di San Miniato e successivamente presso il Seminario Vescovile di Colle e infine alla facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Pisa, dove egli si laureò in utroque iure il 14 giugno 1822. Vincenzo Salvagnoli si trasferì poi a Firenze per fare pratica legale nello studio dell'avvocato Ottavio Landi, uno dei più noti al tempo. Nella capitale entrò in contatto con gli ambienti liberali e per questo motivo fu sottoposto da parte della polizia a sorveglianza, destinata a protrarsi per la maggior parte della sua vita. Entrò in contatto anche con alcuni mazziniani e presumibilmente fu proprio questo motivo che costò al Salvagnoli un periodo di detenzione nella Fortezza Vecchia di Livorno, dal settembre al dicembre 1833.
Oltre alla professione forense e all'interesse per la politica, Vincenzo andava contemporaneamente dispiegando una multiforme attività in vari campi della cultura, come attesta la sua partecipazione a vari sodalizi: l'Accademia economico-agraria dei Georgofili, di cui divenne socio fino dal 1827, l'Accademia della Crusca, la Società di San Giovanni Battista, la Società toscana di geografia statistica e storia naturale, l'Antologia e il Gabinetto di G. P. Vieusseux. Fu presumibilmente nell'entourage del Vieusseux che egli conobbe Stendhal, di cui fu uno dei primi estimatori italiani e in compagnia del quale effettuò uno dei suoi viaggi in Francia, tra il 1841 e il 1842.
Nel corso della sua vita, Vincenzo Salvagnoli si portò a più riprese fuori dei confini della Toscana: più di una volta si recò negli Stati Sardi e nel Lombardo-Veneto, dove stabilì contatti con i principali esponenti del moto risorgimentale, ma viaggiò anche fuori d'Italia. Nel 1844 si recò in Francia, Belgio, Olanda e Germania e nell'autunno del 1858 tornò a Parigi e a Compiègne, dove incontrò Napoleone III, poi proseguì per Londra per incontrare Antonio Panizzi. Partecipò inoltre ai convegni degli scienziati italiani a Padova (1842), Napoli (1845), Genova (1846).
Nell'attività forense ebbe un grande successo, che condivise con i suoi più diretti collaboratori: Piero Puccioni, Augusto Barazzuoli, Pellegrino Galli e Luciano Luciani. I suoi più celebri processi furono quelli per la difesa di Artidoro Maccolini e Pietro Renzi, patrioti romani di cui il governo pontificio reclamava l'estradizione (1845) e la causa matrimoniale tra Teresa Ristori e Marco Martelli (dal 1848). Il successo nella professione e la molteplicità dei suoi interessi gli valsero una vasta rete di amicizie, anche oltre i confini del Granducato di Toscana e la frequentazione dei salotti più alla moda della capitale, ove entrò in confidenza con gli esponenti delle maggiori famiglie patrizie. Nel 1847 pubblicò il Discorso sullo stato politico della Toscana, in cui esortava il granduca a stringersi in federazione con il Regno di Sardegna e lo Stato Pontificio. Nel 1847, con Lambruschini e Ricasoli, fondò la rivista "La Patria", di ispirazione moderata. Nel 1848 Salvagnoli entrò a far parte, come rappresentante della circoscrizione di Empoli, del Consiglio generale dei deputati; in seguito tale mandato gli fu rinnovato per altre due volte. Ma, nel 1849, egli non condivise il radicalismo del triumvirato Mazzoni, Guerrazzi e Montanelli e fu costretto a lasciare Firenze, per Corniola e Brolio, dal barone Ricasoli, poi Torino e Nizza, ove rimase fino alla restaurazione del governo granducale.
Al ritorno di Leopoldo II, Salvagnoli si attestò su posizioni più apertamente unitarie e filo-sabaude che lo portarono a intensificare i contatti con i liberali piemontesi, come Cesare Balbo, Vincenzo Gioberti e Camillo Cavour. Allo scoppio della seconda guerra di indipendenza Salvagnoli esercitò un'azione di stimolo sul governo, presieduto da Giovanni Baldasseroni, affinché assecondasse le aspirazioni dell'opinione pubblica e partecipasse alla guerra contro l'Austria. Dopo la "rivoluzione" del 27 aprile, Salvagnoli si recò in Piemonte dove, ad Alessandria, si incontrò di nuovo con Napoleone III per parlare del futuro assetto istituzionale della Toscana. Tornato a Firenze, egli entrò a far parte del governo provvisorio, presieduto da Bettino Ricasoli, in qualità di Ministro degli Affari ecclesiastici. La sua azione politica fu improntata al principio cavouriano della completa separazione tra stato e chiesa, quindi abolì il Concordato e promulgò la legge sull'affrancazione dei livelli che trasformò i livellari dei beni dei vari enti religiosi in proprietari effettivi. Perfezionata l'annessione al Regno d'Italia, dopo il plebiscito del marzo 1860, il Salvagnoli si dimise da Ministro e non accettò la designazione a candidato al Parlamento Nazionale, che la sua città gli aveva offerto per la quarta volta. Fu allora nominato Senatore dal re Vittorio Emanuele II, mentre la famiglia fu iscritta nello stesso anno nei libri d'oro della nobiltà toscana. Nel gennaio 1861 Vincenzo si trasferì a Pisa per cercare il sollievo di un clima più favorevole alle gravi condizioni di salute, ma di lì a poco morì. Fu sepolto nel Cimitero monumentale di Pisa, nel 1872 sulla sua tomba fu eretto un monumento raffigurante la Giurisprudenza, opera dello scultore Odoardo Fantacchiotti.


Complessi archivistici prodotti:
Salvagnoli Marchetti, famiglia (fondo)


Bibliografia:
ARRIGHI V. - GUERRINI L. - INSABATO E. - TERRENI S., Inventario dell'archivio Salvagnoli Marchetti, Pisa, Pacini, 2002, pp. 294, 145-150 (S. Terreni)
Il Risorgimento nazionale di Vincenzo Salvagnoli, atti del convegno (Empoli, 2002), Pisa, Pacini Editore, 2004
Lettere a Vincenzo salvagnoli nell'Archivio Salvagnoli Marchetti. Politica, economia e giornalismo nell'Italia dell'Ottocento, a cura di MARCO CINI, Ospedaletto (Pisa), Pacini, 2006

Redazione e revisione:
Romanelli Rita, 2009/06/14, prima redazione


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