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Comune di Andria

Sede: Andria (Barletta-Andria-Trani)
Date di esistenza: 1806 -

Intestazioni:
Comune di Andria, Andria (Barletta-Andria-Trani), 1806 -, SIUSA

Nel 1046 la città di Andria fu sottratta al dominio bizantino da Pietro il normanno, conte di Trani, e divenne una città fortificata con dodici torri, tre porte e una rocca nel punto più elevato.
Sotto papa Adriano IV (1154-1159), Andria fu anche sede vescovile e si edificò la cattedrale, al di sopra di una più antica chiesa del Santissimo Salvatore o di San Pietro, che ne divenne la cripta. L'ultimo dei conti normanni discendenti di Pietro fu il conte Ruggero, che combatté nel 1176 a Legnano con Federico Barbarossa.
La città fu dominio normanno sino a quando il regno meridionale passò, nel XII secolo, agli Svevi, la cui storia, in particolare quella di Federico II, è strettamente legata a quella di Andria. Dopo la sconfitta e la morte di Manfredi a Benevento, nel 1266, la città, passata agli Angioini, divenne contea e sotto Francesco I del Balzo assunse il titolo di ducato.
Sotto il dominio angioino, infatti, Andria fu concessa in dote a Beatrice, figlia di Carlo II d'Angiò e sposa di Bertrando del Balzo, che risiedette nella città dal 1308 alla sua morte nel 1330. La città passò poi in eredità alla figlia Maria, che nel 1345 la vendette al padre. Questi a sua volta la cedette al figlio, Francesco I del Balzo. Nel 1350 la città fu assediata e saccheggiata dalle forze di Luigi I d'Ungheria, in lotta con la regina Giovanna I. Nel 1431 il ducato passò al nipote di Francesco I, Francesco II, cognato del re di Napoli Ferdinando I d'Aragona, e ottenne il titolo di Gran Connestabile del Regno e alla sua morte, nel 1482, divenne duca il figlio Pirro, che partecipò nel 1485 alla congiura dei baroni pagando con la propria vita.
La figlia Isabella, moglie di Federico d'Aragona portò il ducato alla casa reale e il marito lo governò fino al 1496, quando divenne re di Napoli.
Dopo la conquista del regno di Napoli da parte del re di Spagna Ferdinando il Cattolico nel 1504, Andria venne assegnata al "Gran Capitano" Consalvo di Cordova e poi al nipote Fernando Consalvo II. Nel 1552, la città fu ceduta per 100.000 ducati - insieme con Castel del Monte - al conte di Ruvo Fabrizio Carafa, il cui figlio Antonio ottenne il titolo di duca di Andria dal re di Spagna Filippo II. Sino alla fine del XV sec. Andria visse periodi alterni come città "regia" (demaniale) e città "infeudata" (feudale).
Fu lo spagnolo Consalvo di Cordova a dotare il feudo di una università "infeudata", ossia quella istituzione preposta a gestire i rapporti tra famiglie nobili e feudatario. La sede dell'Universitas era nel palazzo ducale dove lo stesso regnante eleggeva a voce i pochi membri e, con lo ius subelectionis et confirmationis, sceglieva fra tre candidati il Sindaco, rappresentante dei membri dell'Università. Oltre al sindaco erano designati il cancelliere ed archivista, il tesoriere o banco, il camerlingo o camerlengo, ed altre.
Nel XVII secolo la città fu sotto il dominio dei Carafa, in continuo conflitto con il vescovo e il capitolo della Cattedrale, con il quale la famiglia divideva il possesso della maggior parte delle terre.
Nel 1753 i Borbone di Napoli fecero stilare il "Catasto Onciario", dal quale emerse che il Duca Carafa possedeva oltre 4.800 ettari di terra e che il vescovado possedeva oltre il 40% dell'agro andriese (cfr. www.iporro.it/storia.htm#par2).
Nel 1790 nuove leggi borboniche soppressero alcuni antichi privilegi baronali di cui il Duca d'Andria aveva fatto largo uso.
Nello stesso momento storico l'Università, per alleviare il peso fiscale sulla cittadinanza, chiese l'abolizione delle "gabelle minute", sostituite dall'abolizione delle franchigie di cui godevano gli ecclesiastici - tra le più importanti, la gabella della farina - che avvenne il 4 luglio 1796, dopo un lungo contenzioso con il Capitolo della Cattedrale (Petrarolo P., Andria dalle origini ai tempi nostri, Sveva Editrice, Andria 1990, p. 104).
Nel maggio del 1797 la città fu definitivamente strappata all'appannaggio baronale del duca Riccardo Carafa. Nel chiostro della chiesa di San Domenico si riunirono 667 capi famiglia per eleggere liberamente il sindaco e gli "eletti deputati del Parlamento dell'Università". L'Università di Andria stabiliva così di avere una sede per i "pubblici parlamenti" e per "l'archivio", dichiarando di sottrarsi al potere degli illustri possessori del feudo costituendosi in "civico governo". Il "sindaco", gli "eletti" e tutti gli altri ufficiali della città, pertanto furono eletti non più dall' "illustre Feudatario, utile Possessore della Città", ma da tutti i capifamiglia in liberi comizi popolari (Petrarolo 1990, p. 104).
Furono eletti dunque tre decurioni per il ceto nobile, tre decurioni per i civili e dodici decurioni per il popolo.
Gli altri ufficiali erano: un cancelliere, un sindaco del banco, un camerlengo, un avvocato dell'Università, un avvocato dei poveri, un percettore dell'ospedale, due priori dell'ospedale, due giudici annuali, due catapani, due soprapenali, due portolani, due deputati della pandetta, due moderatori dei proventi, un esattore dei proventi, due ingegneri e portolani, due deputati dei conti del Monte di pietà. All'epoca il Decurionato si riuniva nella Camera della Corte ducale (Archivio storico comunale di Andria, Conclusioni del Parlamento, vol. I).
In seguito al fallimento della rivoluzione napoletana, per la sua fedeltà a Ferdinando IV, Andria ottenne il titolo di città regia, oltre all'esonero decennale dalle contribuzioni fiscali e dal reclutamento militare, in modo da permettere alla città la ricostruzione.
All'inizio del XIX, riferisce il Giustiniani, la popolazione di Andria crebbe fino ad arrivare a 13.402 abitanti. (Giustiniani L., Dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli, Bologna 1969, ristampa anastatica del 1797-1805, p. 190).
La parentesi napoleonica (1806-1816) vide mutare notevolmente l'assetto politico-amministrativo del Regno di Napoli: con i Bonaparte e in seguito con Giacchino Murat si ebbe l'effettiva abolizione del feudalesimo, la requisizione dei beni baronali e la soppressione degli ordini monastico-conventuali, con la confisca dei loro beni. A tale proposito furono promulgate delle leggi nel 1806 e nei due anni successivi. Le stesse avrebbero istituito i "Consigli" o "Collegi Decurionali" (per le città, in sostituzione alle Università infeudate), "Consigli Distrettuali" (per più città) e "Consigli Provinciali" (per territori più vasti).
Si trattò, dunque, di un periodo di trasformazione e di assestamento per la città: la Legge sulla divisione ed amministrazione delle provincie del regno dell'8 agosto 1806, emanata da Giuseppe Bonaparte e modificata il 20 maggio 1808 da Murat, aveva riordinato l'amministrazione delle Province del Regno (la provincia di Bari comprendeva l'Intendenza di Bari e le tre Sottointendenze di Bari, Barletta e Altamura), allargando il corpo elettorale alla fascia della borghesia impiegatizia e stabilendo le norme per l'elezione annuale del sindaco, e quadriennale di tre o quattro Eletti e Decurioni (Petrarolo 1990, p. 120).
In Andria avevano accesso al Decurionato trenta eletti in base al censo, tanto che appena l'1% dei cittadini andriesi possedeva diritti politici. Nel 1806, in seguito alla requisizione del convento di San Francesco, tale sede fu scelta come definitiva per il Consiglio decurionale cittadino che era composto all'epoca di venti decurioni, oltre al Sindaco (Archivio storico comunale, Conclusioni del Decurionato, vol. III); da quel momento il convento francescano divenne Palazzo municipale.
Nel 1811, in applicazione del Decreto per la nuova circoscrizione delle quattordici provincie del regno di Napoli, n. 922 del 4 maggio, la Provincia di Terra di Bari era divisa in tre Distretti (Bari, Barletta e Altamura); il Comune di Andria apparteneva al Circondario di Andria e a sua volta al Distretto di Barletta (Bollettino delle leggi del Regno di Napoli, anno 1811, Napoli, Stamperia Francese).
Alcune importanti misure a favore delle classi borghesi e popolari alimentarono le simpatie nei confronti del Murat: si ebbero infatti in questo periodo - oltre alla compilazione dei catasti per l'accertamento delle proprietà fondiarie - le prime disposizioni per l'istruzione elementare obbligatoria pubblica; il riordino dell'assistenza sanitaria e sociale a favore dei nullatenenti e l'esazione di un'imposta fondiaria che colpiva la rendita passiva del latifondo e dei beni ecclesiastici. È da rilevare che la riforma amministrativa al tempo di Murat convogliò comunque il potere nelle mani di un'oligarchia cittadina, che costituì un nuovo latifondo, acquistando i "corpi demaniali" dovuti all'abolizione degli ordini religiosi e assegnati all'Università.
Con il ritorno dei Borbone, dopo la Restaurazione, ed il Regno delle Due Sicilie, l'assetto non mutò particolarmente grazie al de Amministratione Universitarum di Ferdinando di Borbone. Si tornò ad avere l'Università ma il Consiglio decurionale permase con le sue prerogative; il feudalesimo ed il clero regolare restarono soppressi.
Nel 1861 era stata estesa anche al meridione la legge del 23 ottobre 1859 sulle amministrazioni provinciali e comunali, già vigente nelle altre province del regno. Per quanto riguarda Andria, il Consiglio comunale era composto di trenta consiglieri, con una Giunta municipale composta dal sindaco, tre assessori effettivi e due supplenti, superando la città una popolazione di 10.000 abitanti. Il Decurionato si riunì l'ultima volta nel gennaio 1862 mentre, per la prima volta, il 18 maggio dello stesso anno si riuniva in sessione ordinaria il primo Consiglio comunale di Andria, composto da trenta consiglieri (Archivio storico comunale di Andria, Deliberazioni del Consiglio comunale, vol. 1). La Giunta municipale era invece costituita del Sindaco e da tre assessori (Archivio storico comunale di Andria, Deliberazioni della Giunta municipale, vol. 1).
La città contava all'epoca 28.977 abitanti, ed era la terza per popolazione del "Napolitano", considerando che Bari ne contava appena 31.422 (Petrarolo 1990, pp. 132-133).
Oggi Andria è uno dei centri più popolosi della Puglia con i suoi oltre 90.000 abitanti ed è co-capoluogo della nuova provincia pugliese con Barletta e Trani.


Condizione giuridica:
pubblico

Tipologia del soggetto produttore:
ente pubblico territoriale

Soggetti produttori:
Universitas di Andria, predecessore

Profili istituzionali collegati:
Comune, 1859 -
Comune (Regno delle due Sicilie), 1816 - 1860
Comune (Regno di Napoli), 1806 - 1815

Complessi archivistici prodotti:
Comune di Andria (fondo)
Stato civile del Comune di Andria (fondo)


Bibliografia:
D. DE CARLO "La rivoluzione del 1799 in Terra di Bari - Andria - Ettore Carafa", BARI, Tipografia Steb, 1929.
M. MORGIGNI, "Pagine sparse nella storia civile e religiosa di Andria", Andria, Tipografia Terlizzi, 1919.
'Comuni d'Italia. Puglia', in 'Istituto Enciclopedico Italiano', Acquaviva d'Isernia, Edigrafica Marconese, 2001.
P. BARBANGELO, "L'Università di Andria tra la fine del XVIII e l'inizio del XIC secolo. La sua lotta vittoriosa contro le usurpazioni baronali e l'opposizione feudale", Andria, Guglielmi, 1978.
L. GIUSTINIANI, "Dizionario Geografico-ragionato del Regno di Napoli (rist. anast. del 1797-1805)", I, Bologna, Forni, 1969.
R. D'URSO, "Storia della città di Andria", Varano, 1842.
V. SGARRA "Statuti della città di Andria", Trani, Tipografia Foro Tranese, 1892.
R. LOCONTE, "Andria e la mia città", Molfetta, Mezzina, 1967.
R. O. SPAGNOLETTI, "Studi di storia andriese (1552 e 1799)", Martina Franca, Apulia Editrice, 1913.
M. PALMIERI, "Bari e la Puglia", BARI, Adda, 1964.

Redazione e revisione:
Latrofa Pasqua Vita - direzione lavori Rita Silvestri, 2010/07/13, prima redazione
Mincuzzi Antonella - supervisore Rita Silvestri, 2015/10/21, supervisione della scheda


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