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Pascucci Paride

Manciano 1866 ott. 30 - Manciano 1954 lug. 1

Pittore

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Pascucci, Paride, pittore, (Manciano 1866 - Manciano 1954), SIUSA

Paride Pascucci nacque a Manciano il 30 settembre 1866 da Santi Pascucci e Ersilia Nardelli. Il padre, piccolo proprietario terriero, nel 1877, a quattro anni dalla morte della moglie, si risposò con Rosa Baggiani. Questa circostanza aumentò nel pittore quel senso di disagio che segnò profondamente il suo carattere. Infatti il difficile rapporto con la matrigna e specialmente con la sorellastra portò il pittore a frequentare sempre meno la casa paterna, fino ad interrompere qualsiasi rapporto dopo la morte del padre avvenuta nel 1916.
Non secondario a queste difficoltà familiari fu anche il diniego da parte del padre di far intraprendere al figlio la carriera artistica, che comunque cominciò nel 1882, quando venne ammesso all'Istituto provinciale di belle arti di Siena. Paride Pascucci frequentò i corsi fino al 1885, quando il padre lo richiamò definitivamente a Manciano. Nell'agosto del 1886 fu chiamato sotto le armi prima a Padova, poi a Treviso e infine a Venezia. Questo fu per il giovane Pascucci un periodo di molteplici esperienze di vita e artistiche. Nato con il "mito" del pittore mancianese Pietro Aldi, Pascucci nelle città del Nord scoprì i pittori macchiaioli Lega, Signorini e Fattori. I macchiaioli, che si erano allontanati dalla tradizione accademica e avevano aperto nuove strade alla pittura, colpirono il giovane Pascucci ancora strettamente legato a Pietro Aldi e all'Istituto. La conoscenza dei macchiaioli modificò completamente la sua concezione della pittura. I "Bozzetti di vita militare", che il Pascucci eseguì in questi anni, sono la prova di questo cambiamento e anticipano anche l'originale percorso artistico che il pittore svilupperà in seguito. Dopo la parentesi militare, nel 1889, Pascucci tornò a Manciano e nonostante il padre non lo sostenesse economicamente riprese a frequentare i corsi dell'Istituto. In questo periodo il pittore si mantenne agli studi dando lezioni di disegno ai ragazzi delle famiglie agiate di Siena e con la vincita, nel 1896 e nel 1899, dell'alunnato Biringucci conferito dalla Società di esecutori di pie disposizioni in Siena, su proposta dei professori Cesare Maccari e Alessandro Ceccarini. Le opere presentate ai concorsi, sono chiaramente di rottura con i canoni accademici, e la giuria, pur riconoscendo e criticando il "modernismo", premiò il Pascucci considerandolo un vero artista. Nel 1901 il pittore uscì dall'ambiente artistico senese e partecipò, con nove acquerelli, alla Esposizione di belle arti di Roma. In questa occasione conobbe alcuni giovani artisti, fra cui Plinio Nomellini e Pio Collivadino, ai quali restò legato in amicizia per molti anni. Nonostante gli spostamenti tra Siena e Roma, in questo periodo l'artista tornò spesso a Manciano per studiare volti e ambienti popolari che, da qui in avanti, caratterizzeranno gran parte della sua produzione artistica. Nel frattempo il rapporto con i suoi familiari si fece insostenibile, e come già accennato poco sopra, si trasferì a vivere nella casa della famiglia Garbati. Questa famiglia di operai (molti dei suoi componenti diventeranno i suoi modelli) lo accolse con ospitalità, e mise l'artista a contatto con un mondo semplice fatto di braccianti e operai ormai in lotta aperta con i possidenti terrieri (per la Lega di Manciano Pascucci disegnerà la bandiera). Nonostante la sua vicinanza agli ambienti operai e contadini Paride Pascucci non praticò mai la politica in modo attivo, si limitò solo a "sentirla" e a trasformarla in arte. Nei primi anni del '900 per l'artista mancianese arrivarono i primi successi nazionali. Nell'agosto del 1909, con il dipinto "Gli apostoli", presentato all'Esposizione di belle arti di Roma, Pascucci ebbe un notevole successo. La stampa (nazionale ed estera) si occupò a lungo di lui e la Galleria nazionale di arte moderna di Roma acquistò il quadro. La crescente popolarità comunque non staccò definitivamente il pittore dalla Maremma, e neanche quando l'amico pittore Antonio Mancini gli mise a disposizione il suo studio romano, riuscì a farlo trasferire nella città. Questi per Pascucci furono anni di grande produzione artistica ("Meditazione", "Il pastore", "L'asceta", "Eroi di Maremma"), e non solo su tela, ma anche di grandi affreschi. Infatti tra il 1909 e il 1917, Pascucci eseguì con il suo maestro Cesare Maccari una serie di decorazioni alla cupola della Basilica di Loreto e gli affreschi all'aula di Cassazione nel palazzo di Grazia e giustizia a Roma. Nel 1917 Cesare Maccari fu colpito da paralisi e volle che i lavori a lui commissionati venissero portati a termine dal suo "scolaro" Pascucci. Nel 1920, grazie ormai alla sua popolarità, Pascucci fu chiamato a decorare la cattedrale di Nardò. Nel periodo fascista, nonostante le censure imposte dal regime alla cultura, Paride Pascucci non abbandona le tematiche sociali e dipinge: "I politicanti", "E' morta la vacca", "La veglia del calzolaio", "La sfogliatura del granoturco", "La frasca", "Vergogne sociali" (il regime comunque in varie mostre gli impose il cambiamento del titolo del quadro). Con il 1930, l'anno in cui espose a Grosseto alcune delle sue opere più belle (oltre a quelle già citate sopra, "Il venerdì santo", "La vecchia quercia", "La lezione del nonno", "Ritratto di vecchio garibaldino"), ormai artista affermato, si ritirò definitivamente nella propria casa costruita alla periferia di Manciano, rompendo ogni rapporto con il mondo ufficiale. La pittura di questi anni si fece più intima e nostalgica, quasi il pittore volesse ignorare i cambiamenti profondi della sua terra. Tra il 1939 e il 1940 il pittore comunque dipinse "La siesta" (il rito del riposo della gente di campagna), l'ultima opera importante, e "Baldoria carnevalesca", quadro che rimarrà incompiuto. Nella sua lunga carriera artistica Pascucci ebbe innumerevoli premi, riconoscimenti e nomine. Tra i tanti citiamo: premio del IV Concorso Ussi, indetto dall'Accademia delle arti del disegno di Firenze, con l'opera "Eroe che ritorna" (1924); premio della Società delle belle arti di Firenze con l'opera "Ora di riposo" (1925); accademico della stessa Società (nominato nel 1926); premio Spranger con l'opera "Gesù morto: prima della processione" (1929); accademico della Pontificia insigne accademia dei virtuosi di Roma (nominato nel 1933); socio dell'Accademia per le arti e per le lettere in Siena per la sezione "Belle Arti" (nominato nel 1938). Paride Pascucci morì a Manciano il 1 luglio del 1954.


Generated archives:
Pascucci Paride (fondo)


Bibliography:
A. CAVOLI, "Terza Mostra Internazionale di pittura, incisione, grafica, scultura: Pietro Aldi e Paride Pascucci", Manciano, s.n., 1981
"Paride Pascucci. Catalogo della Mostra di disegni, pastelli e acquerelli, Manciano, 1°-20 luglio 1979", a cura di B. SALETTI ASOR ROSA, A. CAVOLI, L. NICCOLAI, Grosseto, Amministrazione Provinciale, 1980
"Paride Pascucci. Catalogo nel XXV anniversario della morte", a cura di B. SALETTI ASOR ROSA, A. CAVOLI, L. NICCOLAI, Roccastrada, Vieri, 1980
A. CAVOLI, "Paride Pascucci: testimonianze inedite per una biografia dell'artista maremmano", Pisa, Giardini, 1978
L. NICCOLAI, "Paride Pascucci (1866-1954)", in "Quaderni di Cultura Contadina", 1 (1983), n. 2
A.M. Comanducci, "Dizionario illustrato dei pittori, disegnatori e incisori italiani moderni e contemporanei", quarta edizione completamente rifatta e ampliata, a cura di una redazione diretta da L. SERVOLINI, Milano, Patuzzi, 1970-1974, voll. 5 (1: "Aa-Cau", 1970; 2: "Cav-Gal", 1971; 3: "Gam-Mons", 1972; 4: "Mont-Ron", 1973; 5: "Ros-Zyl", 1974), vol. 4 ("Mont-Ron"), sub voce
"Paride Pascucci: un pittore tra Ottocento e Novecento", Catalogo della Mostra (Grosseto, 1987), a cura di G. MARZIALI (con saggi di E. CRISPOLTI, A. CAVOLI, G. MARZIALI), Milano, Mazzotta, 1987

Editing and review:
Capannelli Emilio, revisione
Laurito Marco, prima redazione
Lenzi Marco, revisione


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